Paesi e Borghi Apuani a cura di Giuseppe Volpi
FARNOCCHIA
(Provincia di Lucca - Comune di Stazzema)

Stemma Comune di StazzemaIn un tempo remoto un tesoro composto da una gallina e da una dozzina di pulcini d’oro fu seppellito sulle pendici boscose del Monte Gabberi. Su di esso fu fatto un incantesimo: se, passati cent’anni nessuno lo avesse ritrovato esso sarebbe passato nelle grinfie del diavolo. Un giorno, un cacciatore, passando da quelle parti notò uno strano bagliore proveniente da un piccolo foro nel terreno e si mise a scavare, ma il diavolo che vegliava continuamente su quella che avrebbe potuto diventare una sua proprietà, fece cadere proprio sul tesoro un grande blocco di pietra, la Pietralunga, in modo che nessuno potesse più mettere le mani sulla gallina e sui suoi dodici pulcini d’oro. Gli anni passarono ed il tesoro diventò proprietà del Diavolo che pensò che lasciarlo dov’era fosse senz’altro la soluzione per lui più sicura. Eppure un metodo per toglierlo da là sotto e da strapparlo al demonio esisteva: cogliere una radice di mandragola sulla vetta del Procinto in una notte di plenilunio, portarla fino alla Pietralunga e pronunciare una frase magica…ma finora chi ci ha provato, giunto davanti alla grande pietra confitta nel terreno, non è mai riuscito a ricordare la frase, perché il diavolo gliela cancella dalla memoria…

 

 

COME ARRIVARE:

In auto: dall’autostrada dei fiori A12, si esce al casello “Versilia” quindi si seguono le indicazioni per Seravezza, raggiunta la quale si prosegue sempre sulla SP9 del Cipollaio che, superata Ruosina, si abbandona per prendere, a destra, la deviazione per Ponte Stazzemese e Stazzema.

Si supera Ponte Stazzemese e si arriva a Le Mulina, oltrepassata la quale si devìa a destra seguendo le indicazioni per Farnocchia. Appena entrati in paese, la seconda deviazione a sinistra porta in breve al piazzale antistante la chiesa dove è possibile parcheggiare (poco più di 21 Km dall’uscita dell’autostrada).

In treno e in autobus: le stazioni ferroviarie di riferimento sono quelle di Querceta-Forte dei Marmi e di Pietrasanta, dalle quali però non è poi molto semplice raggiungere Farnocchia. Da Pietrasanta è presente una linea della Vaibus, la Q35 che arriva fino a Stazzema, utilizzando la quale è possibile scendere a Ponte Stazzemese da dove poi un minibus delle Autolinee F.lli Verona (per info orari tel. 0584745260 - 0584745737) ha corse giornaliere. Per gli escursionisti, usufruendo della fermata Vaibus a Le Mulina è inoltre possibile raggiungere il paese percorrendo il sentiero nr.4 che in un'ora circa conduce a destinazione.

 

CENNI GEOGRAFICI:Veduta di Farnocchia dal sentiero di Pietralunga.

La Pietralunga, sopracitata nel paragrafo di introduzione, è un monolito che si erge isolato nelle boscose pendici settentrionali del Monte Gabberi dando l'impressione di esservi confitto. Poco sotto di esso, a 650 metri slm, sorge il paese di Farnocchia, in una posizione molto panoramica, che offre allo sguardo di chi arriva fin quassù, una vista che presenta, in bella successione, tutte le vette Apuane comprese tra il Monte Corchia ed il Monte Matanna.

Etimologicamente parlando, il suo nome, è probabile che derivi da “Farnucola”, cioè piccola farnia, magari dovuto ad un piccolo bosco di quel tipo di quercia che caratterizzava la zona, oppure, come riporta lo storico Santini, da “Far” (bosco) più “nucula” (nocciola), ovvero bosco di nocciòli.

Farnocchia fa parte del Comune di Stazzema.

 

CENNI STORICI:

La grotta della Giovannina o Dei Goti, situata nei pressi del paese e frequentata dall’uomo preistorico già dall’epoca neolitica, come conferma il ritrovamento di diversi reperti, invita a far pensare ad un insediamento umano antichissimo nella zona che potrebbe aver dato inizio, nella sua evoluzione, ad un villaggio, composto dapprima da capanne e quindi, in epoca preromana, da edifici in muratura, che, come sostengono alcuni, avrebbero potuto essere le origini di Farnocchia.

Di tutto ciò però non esistono prove certe, anche perché, in genere, grotte di quella tipologia, nell’eneolitico, venivano usate più che altro saltuariamente da nomadi e cacciatori. Inoltre il sito stabilmente abitato di Grotta all’Onda non era molto distante, per cui la grotta in questione si sarebbe prestata benissimo a riparo occasionale durante le spedizioni di caccia: comunque, in ambedue i casi, si rimane solo ed esclusivamente nel campo delle supposizioni.

Per trovare qualcosa di certo occorre arrivare all’anno 798, durante il quale, come riporta il Repetti, un documento dell’Archivio Arcivescovile di Lucca attesta l’esistenza del paese, le cui attività sono poi confermate in un altro documento del 970, mentre nel 1018 si attesta come la sua chiesa, intitolata a San Michele, avesse già da tempo, come matrice, la Pieve di Santa Felicita di Valdicastello, come poi confermerà ancora il Repetti citando un altro documento del 1260.

A partire dal XII secolo, il paese, che forse possedeva una cinta muraria, fu oggetto, come altri attigui, di varie contese tra i Signori di Lucca e i cattani (o capitanei) locali, ovvero i Signori di Corvaia e di Vallecchia[1], fedeli a Pisa. Queste guerre portarono, dopo alterne vicende, alla distruzione dell'abitato e della sua presunta fortificazione, forse nella seconda metà del XII secolo, oppure, secondo altre congetture, all’inizio del XIII secolo[2].

“…La vittoria seguitò anche nel 1169 a favorire i nostri. Non giovò ai Pisani l'aver fatto ribellar da Lucca i signori di Corvaja ed altri cattani della Versilia, non la presa di una rocca fatta sulle prime da quei nuovi collegati, perchè, e questa fu dai Lucchesi ripresa, e fu arsa Corvaja e disertata la pianura della Versilia…” (da STORIA DI LUCCA DALLA SUA ORIGINE AL MDCCCXIV, di Antonio Mazzarosa).

Lo storico Vincenzo Santini definisce Farnocchia, nel 1378, come un “comunello indipendente” governato da due sindaci.

All’inizio del XV secolo, nel 1405, fu fatta erigere la Torre dei Guinigi, probabilmente dallo stesso Paolo Guinigi, marito di Ilaria dal Carretto[3], che sembra che a Farnocchia avesse dei possedimenti e che, in quel periodo, vi avesse addirittura dimorato. Attorno alla suddetta torre fu costruita anche una cerchia di mura a mò di castello, come dimostrerebbero i resti venuti alla luce, agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, durante dei lavori di ampliamento del piazzale antistante la chiesa.

La Torre fu danneggiata da un fulmine (se ne ha notizia da un documento del 1666) e poi demolita tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII, quando, peraltro, delle mura che la attorniavano non si avevano già più notizie da secoli.

I blocchi di pietra di cui essa era composta (bozze) furono utilizzati per iniziare la costruzione del campanile tuttora presente.

Farnocchia, dopo oltre mezzo secolo di martoriante “palleggiamento” tra le varie potenze che alternarono il proprio dominio su quella zona (Fiorentini, Genovesi oltre ai sempre presenti Lucchesi), passò definitivamente sotto la Repubblica di Firenze nel 1513 e del Granducato di Toscana dal 1569, dapprima in qualità di “comunello” del Capitanato di Pietrasanta, in seguito come “comunello indipendente” della Comunità di Stazzema, ed in tale situazione rimase praticamente fino al 1860, anno dell’Unità d’Italia.

L’ultima triste vicissitudine storica, Farnocchia la visse l’8 Agosto del 1944, quando le truppe tedesche, dopo aver fatto sgombrare la popolazione e dopo diversi giorni di combattimenti con i partigiani che avevano preso il controllo del paese, la riconquistarono e la diedero alle fiamme.

 

CENNI ARTISTICI:L'altare del Rosario

Come generalmente accade per i paesini di questo tipo, la quasi totalità dei reperti artistici di Farnocchia appartengono alla sua parrocchia.

Risulta molto arduo stabilire il periodo della fondazione della chiesa, intitolata a S. Michele Arcangelo.

Della sua esistenza, comunque alquanto antica, rimangono soltanto pochissimi blocchi da costruzione, riportanti segni scolpiti, sparsi sulla romanica facciata, nei pressi del portone centrale.

Alcuni esperti, basandosi proprio su tali bozze scolpite, e facendo riferimento ad altre Pievi della zona, azzardano periodi intorno all’VIII secolo, visto che Farnocchia (anche se non specificatamente la chiesa) risulta menzionata in un documento del 789 conservato nell’Archivio Arcivescovile di Lucca, e visto che lo storico Vincenzo Santini riporta che nel 1018 la chiesa di Farnocchia dipendeva già da tempo dalla Pieve di Santa Felicita di Valdicastello.

Da qui in poi non si hanno praticamente più riscontri, ma poiché il paese fu oggetto di vari saccheggi e distruzioni durante i periodi già descritti sopra, nel paragrafo storico, si può facilmente dedurre che anche la chiesa ne subì, con tutta probabilità, gli stessi nefasti effetti.

Ma alla gente testarda e fiera, si sa che se gli si distrugge una cosa cara, quella la ricostruisce ancora migliore, e questo, probabilmente, fu quello che successe a Farnocchia, visto che a partire dall’inizio del XVI secolo, la sua popolazione si ripromise, rimettendo un mattone sopra l’altro, di ricostruirsi San Michele Arcangelo più bella e più grande di prima: un lavoro immane e paziente, tramandato per generazioni, procurandosi gran parte dei materiali occorrenti “in loco”, in maniera autonoma e, naturalmente, aggiungendoci gratuitamente pure la manodopera.

La chiesa, come appare oggi, fu terminata nel 1850, tre secoli e mezzo dopo essere stata iniziata.

E vicenda parallela fu quella del suo campanile. Fino alla fine del secolo XVII, infatti, quel compito fu svolto egregiamente dalla Torre dei Guinigi, fatta erigere, insieme ad una cinta muraria, da Paolo Guinigi agli inizi del XV secolo e munita di campane, finché un fulmine, come riporta un documento del 1666[4], non la danneggiò in modo molto grave.

I resti della Torre del Guinigi vennero utilizzati per iniziare a costruire quella attualmente esistente, poco più di 7 metri ad est, verso la chiesa, nel 1678[5]. I lavori del campanile a sezione quadrata, senza la cupola, furono terminati nel 1706. La cupola che lo sormonta fu invece costruita nel 1828 e l’orologio applicato nel 1950.

L’interno della chiesa di San Michele è veramente molto bello. Essa è composta da tre navate ed entrando dal bel portone principale, si nota subito, nella navata di destraL'altare Maggiore un bellissimo tabernacolo in marmo bianco, scolpito ed inciso, probabile opera della bottega Stagi, quindi attribuibile al XV-XVI secolo, e donato alla chiesa da Michelangelo Razzuoli nel 1824. Di rimpetto, a sinistra, è presente un fonte battesimale in marmo, mentre, fatti alcuni passi, voltandosi indietro e alzando lo sguardo, si può ammirare sopra l’entrata, il monumentale organo del 1748 a 21 canne, acquistato nel 1833 dal Duomo di Pietrasanta.

Oltre all’altare maggiore, naturalmente posto nel coro in fondo alla navata centrale, ci sono altri quattro altari posti nelle due navate laterali detti “del Corpus Domini” e “della Cintura” quelli nella navata di sinistra, “del Rosario” e “di San Michele” quelli nella navata di destra.

Per il proprio abbellimento la chiesa si giovò molto, e giustamente, delle opere di un valente scultore, pittore e cesellatore locale, Roberto Cipriani[6], del quale si possono ammirare diversi Cristi lignei.

Sono di sua fattura, infatti, quello al centro dell’Altare Maggiore, tra le statue marmoree, forse del XVII secolo, di San Michele e San Girolamo, un altro crocefisso appeso alla parete esterna in fondo alla navata di destra, ed un Cristo Morto in grandezza naturale contenuto in una teca di vetro. Quest’ultimo ha una particolarità: dovendo essere trasportato in processione è stato scolpito in legno di fico, completamente scavato internamente, per renderlo più leggero.

Sul fondo di questa navata troneggia l’Altare del Rosario, con una statua della Vergine tra due colonne a torciglione in marmo con ciborio e contornata da una serie di 15 formelle in bassorilievo marmoree, raffiguranti 15 dei 20 Misteri del Rosario, opera del 1744[7].

Sempre di Roberto Cipriani, e fatti per essere portati in processione, sono il “Trono” a forma di tempio con colonne, visibile nella navata di sinistra, ed gli otto “lampioni”, tutto materiale in legno ricoperto da una lamina dorata, opere nelle quali, oltre che la mano dello scultore risulta evidente la rifinitura del cesellatore.

Ma il capolavoro dello scultore locale sta a metà della navata di sinistra, nel cosiddetto Altare del Corpus Domini, racchiuso da colonne in marmo e capitelli corinzi del XVII secolo reggenti il ciborio, anch’esso marmoreo, che, fino al 1871 era stato quello dell’Altare Maggiore: un meraviglioso bassorilievo policromo raffigurante l’ultima cena, unica opera dove compaiono la firma dell’artista e l’anno in cui essa è stata compiuta, che si confondono come in un ricamo, nell’orlo di pizzo di destra della tovaglia del cenacolo: “ROBERTO CIPRIANI 1871”. Sotto al bassorilievo, al centro, un dipinto a olio su tela raffigurante San Vincenzo De’ Paoli.

A fianco di questo, alla sinistra di chi ammira, c’è l’Altare della Cintura caratterizzato da due colonne marmoree a torciglione datate 1718, che racchiudono una serie di personaggi scolpiti in rilievo[8], mentre nella navata di destra, all’altezza del pulpito, si trova l’Altare di San Michele, con dipinto, per la verità alquanto rovinato,L'oratorio del Carmine raffigurante La Madonna con bambino, San Giuseppe, San Michele Arcangelo, San Girolamo, San Luigi e Santa Apollonia, incorniciato da colonne in marmo liscio. Di quest’opera non si hanno traccia di date né di autori.

Al momento della nostra visita, nella parte terminale della navata di destra ed al suo congiungimento con quella centrale, sono presenti preoccupanti crepe, conseguenze delle recenti, forti scosse di terremoto.

Uscendo dalla chiesa, a destra, sul bordo della strada che si immette nella piazza, si nota una fontana con arco in pietra la cui vasca scolpita risale alla metà del XVII secolo, mentre a sinistra, costeggiando il fianco andando verso il retro, ci si trova di fronte ad una colonna sovrastata dalla scultura di una testa che pare facessero parte della scomparsa Torre dei Guinigi.

Merita una visita inoltre, entrando in paese, di fronte all’unico Bar Trattoria presente, l’Oratorio del Carmine, in pratica chiesa “di riserva” di Farnocchia, che presenta al proprio interno diversi dipinti e all’esterno un interessante loggiato. Non si hanno notizie certe sul periodo della sua costruzione anche se si pensa risalga al XIII-XIV secolo.

La chiesa di San Michele Arcangelo ed il suo campanile.

 

MANIFESTAZIONI:

Quest’anno, 2013, nell’ambito delle Processioni triennali del paese, se ne terrà una il 9 di Giugno, ovvero la domenica successiva al Corpus Domini, mentre la Processione della Madonna del Carmine, sempre quest’anno, si svolgerà il 14 Luglio: il Trono “a tempio” contenente una statua lignea della Madonna, verrà portato a spalla da 15 uomini, accompagnato dal Cristo e dagli otto “Lampioni”, in un percorso ad anello dentro il paese, con la presenza della banda musicale locale, la Filarmonica di Santa Cecilia. Sicuramente da vedere.

Durante la bella stagione si tengono inoltre varie manifestazioni e sagre minori in date da stabilire. Chi fosse interessato può richiedere maggiori chiarimenti presso l’Ufficio Informazioni Turistiche di Stazzema oppure all'Ufficio Promozione Turismo.

 

LA FILARMONICA DI SANTA CECILIA:

La banda musicale di Farnocchia, ovvero la Filarmonica di Santa Cecilia, ebbe nei due cittadini più illustri, Giuseppe Razzuoli e Roberto Cipriani, rispettivamente il proprio fondatore ed il suo primo Maestro. Essendo stata creata nel 1850, essa è la più antica dell’intera Versilia e può contare, ad oggi, su oltre 35 elementi stabili. Attualmente il suo Presidente è Paolo Conti ed il suo Direttore Artistico Silvano Bottari.

Maggiori informazioni sono disponibili qui.

 

VARIE:

Attualmente gli abitanti risultano essere un centinaio e sono detti “Farnocchini”.

In paese non esistono alberghi , pensioni o qualsiasi altro esercizio di pubblica utilità o necessità, tranne un unico negozio di generi alimentari che possiede anche una sala bar ed una trattoria, dove si può gustare un’ottima cucina casereccia, con piatti tipici locali (chiusa il mercoledì).

 

ESCURSIONISMO:

Farnocchia è un’ottima base di partenza per escursioni sul Monte Gabberi, sul Monte Lieto, sul Matanna, passando per San Rocchino, e per il Monumento Ossario di Sant’Anna di Stazzema.

Questi gli itinerari presenti sul nostro sito che la interessano:

 

BIBLIOGRAFIA:

BERTELLI Giuseppe, "IL COMUNELLO DI FARNOCCHIA", 1988, Edizioni "Labirinto", Massarosa.

 

Un ringraziamento particolare lo dobbiamo al Sig. Bruno Bottari, per la cortesia dimostrata consentendoci di visitare e di fotografare l’interno della chiesa di San Michele e per la disponibilità con cui ci ha accompagnato, rivelandosi una competente e preparatissima guida (14/04/2013).

[gv-15/04/2013]

 

 

note

1 I Signori di Corvaia (o Corvara) e di Vallecchia, detti anche Corvaresi, di discendenza longobarda, dominarono per diversi secoli la zona e furono definitivamente debellati e cacciati dai Lucchesi soltanto nel 1254 quando il podestà Guiscardo da Pietrasanta, espugnò la Rocca di Corvaia, provocandole danni gravissimi, che furono in seguito riparati dai Pisani. La fortificazione fu poi definitivamente distrutta durante la guerra tra Fiorentini e Genovesi (1484-1485).

2 Il XII secolo e parte del XIII, furono caratterizzati da aspre contese tra Lucca e Pisa, appoggiate dalle nobiltà locali, per il possesso del Porto di Motrone, divenuto importantissimo dopo l’insabbiamento di quello di Luni, per il controllo commerciale della Versilia, della Garfagnana e del territorio transappenninico emiliano.

3 Ilaria dal Carretto (1379-1405), seconda moglie di Paolo Guinigi, morta di parto, è stata resa immortale da Jacopo della Quercia, con lo stupendo monumento funebre in marmo conservato nel Duomo di Lucca. Guarda caso, l’anno della costruzione della Torre, sulla quale furono poste delle campane, delle mura e del soggiorno a Farnocchia di Paolo Guinigi coincide con quello della morte della moglie.

4 Registro dei Partiti della Comunità di Farnocchia, nr.2 foglio 130.

5 Fonte: Diario personale del Rettore Francesco Lazzari.

6 Roberto Cipriani (1826-1912), scultore, cesellatore, pittore nonché musicista e scrittore. La sua casa, oggi completamente ristrutturata, è visibile alle spalle dell’Oratorio del Carmine, ed è facilmente riconoscibile dal busto dell’artista presente sulla sua facciata. Essa è ancora disposta come un tempo su due piani: ai tempi dello scultore/cesellatore, al piano terra vi era la bottega e sopra l’abitazione.

7 Opera di Girolamo Moisè padre e dei figli Girolamo e Iacopo, scultori di Riomagno di Seravezza.

8 Anche questo, come l’Altare del Rosario, opera di Girolamo Moisè padre e dei figli Girolamo e Iacopo, scultori di Riomagno di Seravezza.