(f.f.) l'Euphorbia cyparissias è pianta europea comune nella regione apuana dal piano alle montagne. È pianta tossica e non è protetta.
IL GENERE EUPHORBIA
Famiglia Euphorbiaceae
Euphorbia L. fu classificato da Linneo nel 1753.
Il nome generico Euphorbia deriva dal latino Euphorbēa, ae (= euforbia) termine usato da Plinio per denominare piante di questo genere. Il termine, a sua volta, deriva dal nome proprio Εύφορβος che, sempre secondo Plinio, era medico del re Giuba II[1] e usava questa pianta ai fini medicinali.
Il genere Euphorbia è uno dei più numerosi del regno vegetale comprendendo oltre 2000 specie distinte e, al momento, gli studi effettuati sul DNA di queste piante non sono riusciti a suddividere il genere in generi di ridotte dimensioni. Esso comprende piante erbacee, piccoli alberi, arbusti, rampicanti e piante succulente[2]. Il fusto è erbaceo, legnoso o carnoso, alcune specie sono provviste di spine, le foglie possono essere decidue o persistenti, sono opposte e nelle succulente sono piccole e di vita breve.
La caratteristica essenziale di queste piante è una particolare infiorescenza detta ciazio che, in pratica, simula un fiore ermafrodita. Essa è formata da un unico fiore femminile centrale provvisto di un solo pistillo che è circondato da 5 o più fiori maschili formati da un unico stame. Tutto è avvolto da brattee che formano un ricettacolo a forma di coppa con 4 ghiandole nettarifere. Dall'ovario si forma il frutto che è una capsula deiscente tricarpellare. I ciazi, a loro volta, sono raggruppati in infiorescenze. Esistono comunque specie dioiche e specie con ciazi solo maschili o solo femminili. Il colore tipico dei ciazi è il giallo, a volte tendente al verde, ma esistono specie e varietà con brattee rosse o rosate.
Le euforbie producono un lattice biancastro acre e velenoso che può essere usato come purgante o emetico ad azione rapida. Il lattice è un deterrente per gli erbivori che quindi evitano di nutrirsi di queste piante e nell'uomo il contatto con le mucose può provocare infiammazioni molto dolorose.
Queste piante sono diffuse nelle regioni tropicali e sub-tropicali americane, asiatiche e africane, ma prosperano anche nelle zone temperate. Le succulente sono presenti essenzialmente in Africa, in particolare in Madagascar. In Africa molte di esse sono l'equivalente ecologico dei cactus americani. Alcune specie sono tipiche della macchia mediterranea e circa una cinquantina sono presenti in Italia.
Alcune sono utili perché da esse si ricavano sostanze di largo impiego come olio di ricino e caucciù.
Alcune di queste piante sono coltivate nei giardini mentre le succulente più delicate sono adatte come piante da appartamento. Tra le numerosissime specie ricordiamo la Euphorbia pulcherrima o stella di Natale di origine messicana e molto apprezzata per le sue brattee colorate di rosso. Euphorbia milii o corona di Cristo, originaria del Madagascar, è un arbusto con rami sottili e coperti di spine con fiori con brattee rosse.
Sulle Alpi Apuane sono presenti diverse specie di Euphorbia in particolare Euphorbia hyberna L. subsp. insularis (Boiss) Briq. Essa è pianta protetta e molto rara presente solo su Monte Contrario, Roccandagia e Carcaraia.
EUPHORBIA CYPARISSIAS
Euphorbia cyparissias L.
Classificata da Linneo nel 1753.
Conosciuta volgarmente come: erba cipressina, euforbia cipressina.
Il nome specifico cyparissiass deriva dal latino cypărissus, i (=cipresso che è denominato anche cŭpressus, i o ūs). Il termine deriva, a sua volta, dal greco κυπάρισσος (= cipresso). Il nome deriva da un vaga somiglianza delle foglie con quelle del cipresso.
L' Euphorbia cyparissias è una pianta erbacea perenne alta da 15 a 60 centimetri. È glabra e di colore verde-glauco, è provvista di rizoma legnoso, bruno-rossastro che può produrre stoloni che facilitano la rapida diffusione vegetativa di questa pianta. I fusti sono erbacei, semplici o ramosi, e le foglie sono alterne e lineari. I ciazi sono disposti in ombrelle terminali e presentano due brattee verde-giallastro che poi diventano rossastre. Il frutto è una capsula formata da tre logge e i semi sono espulsi per l'esplosione della capsula stessa.
È pianta europea introdotta in America del Nord dove si è rapidamente naturalizzata diventando infestante.
Come le congeneri produce un lattice biancastro amaro e appiccicoso e tossico per contatto. La medicina popolare utilizzava il lattice per togliere calli e verruche e le radici come emetico e purgante. Proprio per queste caratteristiche la pianta non è mangiata dagli erbivori e diventa facilmente infestante.
L'euforbia cipressina può essere coltivata in giardino e resiste bene al freddo.
Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[3]:
1287. – Euphorbia cyparissias – L.
(luoghi in cui è stata osservata:) comune a Montignoso e lungo la ferrovia tra Porta e Avenza, nel M. di Pasta, ai Quercioli, negli argini del Frigido tra il ponte della via Aurelia e il mare, al Mirteto e nella valle del canale della Foce, al Ponte Vecchio e a S. Lucia, a Canevara, a Ortola, a Ricortola e a Codupino. A Nazzano e in tutto il piano di Avenza. Tra Fosdinovo e Caniparola, a Fivizzano, a Agnino, a Soliera, a Moncigoli, a Codiponte di Casola e in tutta la vallata del Lucido, lungo il Taverone a Monti e a Licciana, nella valle del Bagnone, nel piano di Filattiera, nei dintorni di Pontremoli a Montelungo, alla Cisa, a Navola, a Guinadi e a Braia.
Volg. Erba cipressina.
Fiorisce da aprile a tutta l'estate. Pianta erbacea perenne.
Pellegrini cita altre 27 specie dello stesso genere.
LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Rosidae; Ordine: Euphorbiales; Famiglia: Euphorbiaceae; Genere: Euphorbia; Specie: Euphorbia cyparissias
Forma biologica: Emicriptofita scaposa (simbolo: H scap). Emicriptofita (simbolo H): pianta erbacea biennale o perenne con gemme svernanti a livello del suolo che sono protette dalla lettiera o dalla neve. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.
Descrizione: pianta erbacea perenne provvista di rizoma alta fino a 60 centimetri. I fusti sono eretti semplici o ramificati all'apice, sono glabri e verdastri, talvolta rossastri alla base. Le foglie sono verde chiaro o giallastre, alterne, glabre, strette e lineari e in quantità minore sugli steli fiorali. Il ciazio è circondato da due brattee prima giallo-verdastre e poi rossastre e i ciazi sono disposti in infiorescenze a ombrello. Il frutto è una capsula a tre loculi, contenente tre semi.
Antesi: marzo - giugno.
Tipo corologico: centro-europea, naturalizzata nell'America del nord. In Italia è assente in Puglia, Calabria e Basilicata e isole maggiori.
Habitat: vegeta in prati aridi e incolti, negli arbusteti e ai margini dei boschi. Presente sia su substrati calcarei che silicei, anche poveri, dal piano fino ai 2500 metri.
Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette dove sono presenti Euphorbia hyberna L. subsp. insularis (Boiss.) Briq. ed Euphorbia serrata L.
Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.
note
1 Giuba II (50 aC - 23 dC) fu re di Mauritania e alleato di Roma, fu anche uomo di lettere e fu proprio lui a descrivere in un suo libro le proprietà medicamentose di questa pianta. Ricordiamo che Pitagora si riteneva incarnazione di un altro Euforbio, eroe troiano ucciso da Menelao.
2 Le euforbie succulenti sono simili ai cactus, ma non geneticamente imparentati con essi: sono un esempio di evoluzione convergente.
3 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 259.