(f.f.) è stato molto emozionante vedere per la prima volta la Fritillaria montana. Sono poco più di una decina di piante fiorite in un metro quadrato di
terreno mimetizzate tra il paleo sulle rupi calcaree a poca distanza da un modesto alberello che gli concede ombra per parte della giornata. Il luogo si trova alle pendici del monte
Sagro, non molto distante da un fronte di cava. Per quanto tempo ancora resisteranno questi fiori così belli e così rari? Sono una decina di piante racchiuse in un fazzoletto di terra
ed è bene siano lasciate in pace, forse anche solo fotografarle è fonte di disturbo o anche solo guardarle.[1]
Un articolo[2] molto esauriente sulla Fritillaria montana è stato pubblicato da Giuseppe Trombetti sull’ “Alpe di Luni” al quale rimandiamo e dal quale abbiamo tratto alcune importanti informazioni.
IL GENERE
Famiglia Liliaceae
Fritillaria L., classificata da Linneo nel 1753.
Il nome del genere deriva dal latino frĭtillus (= bossolo per dadi) poiché la reticolatura a scacchiera, tipica di alcuni fiori di questo genere, ricorda quella dei bussolotti usati da romani per il gioco dei dadi.
Questo genere è formato da circa 100[3] specie di piante erbacee bulbose, alte da 15 cm a poco più di un metro. Hanno foglie lanceolate o lineari e fiori penduli a corona con colore arancio, blu, giallo, rosso-brunastro, scarlatto e verde, in tinta unita o mescolati tra loro.
Sono piante euro-asiatiche oggi diffuse nei paesi mediterranei, Europa in genere e Asia e America settentrionale e possono essere coltivate in vaso o in terreno adeguato fresco e in mezz’ombra.
Molto usata dai giardinieri è la Fritillaria imperialis (Corona imperiale): originaria della Persia e coltivata per i suoi fiori scarlatti riuniti in infiorescenze pendule avvolte da un ciuffo di fogliame.
In Italia ricordiamo, oltre la Fritillaria montana, le specie seguenti:
la Fritillaria meleagris L. (dama a scacchiera, testa di serpente) presente sulle Alpi, con lo stelo dal portamento serpentino e fiori violacei macchiati di bianco, giallo e porpora.
la Fritillaria persica (giglio persiano) con vistose infiorescenze violacee.
la Fritillaria tubaeformis Gren. et Godr. (meleagride alpina) presenta foglie solo nella parte superiore del fusto con un fiore che somiglia come colore a quello della Fritillaria montana.
Le piante di questo genere contengono alcaloidi con effetto cardiotonico, ma l’alta tossicità, specialmente del bulbo e delle parti vegetative, ne limita le utilizzazioni in campo farmacologico.
FRITILLARIA MONTANA
Fritillaria montana Hoppe ex W.D.J. Koch
Classificata da Hoppe nel 1832.
Conosciuta volgarmente come: Meleagride minore, Meleagride orientale.
Sono usati in botanica questi sinonimi: Fritillaria caussolensis Goaty & Pons ex Adoino, Fritillaria intermedia N. Terracc.; Fritillaria orientalis Adams; Fritillaria orsiniana Parl.; Fritillaria pollinensis N. Terracc.; Fritillaria tenella M. Bieb.
L’isolamento geografico di molte stazioni, descritto più avanti per la Toscana, vale per tutta Italia e anche per l’Europa per cui esistono varietà e sottospecie locali legate alle diverse condizioni di crescita da cui sono derivati il gran numero di sinonimi citati sopra.
Gli studi cariologici, che hanno mostrato che il numero dei cromosomi è sempre 2n = 18, analisi biometriche insieme a osservazioni sul campo tendono, comunque, ad escludere ogni correlazione tra differenze morfologiche e differenze cariologiche. Per questo oggi si tende a considerare la Fritillaria montana una specie polimorfica senza taxa intraspecifici.
Il nome specifico montana deriva dal latino montānus (= montano, di montagna) a indicare che questa è specie orofila , che cioè ama le montagne anche se poi preferisce le quote medio basse (al Sagro vegeta a circa 1200 metri).
Il nome volgare Meleagride deriva dal greco Mελεαγρίδες che erano le Meleagridi, trasformate in galline faraone e quindi era usato per denominare anche questi uccelli. Le faraone hanno infatti il manto scuro punteggiato di bianco che giustifica il nome: μέλας (= nero) e άργός (= bianco). Ricordiamo che sono Meleagridi una famiglia di uccelli, conosciuti volgarmente come tacchini, il cui piumaggio ricorda appunto quello delle faraone. Ovviamente il nome deriva dalla caratteristica colorazione a macchie del fiore.
Le Meleagridi (Mελεαγρίδες) erano Gorga, Eurimede, Deianira e Melanippa, sorelle di Melagro del quale piansero talmente la morte che Artemide mossa a compassione le trasformò in galline faraone, uccelli che divennero sacri alla dea. Meleagro (Mελέαγρος) figlio di Oineo, re degli Etoli, era un grande guerriero che uccise il gigantesco cinghiale di Calidone mandato da Artemide per punire gli Etoli che la avevano offesa e, in seguito, partecipò alla guerra contro i Cureti nella quale fu ucciso.
La pianta non è classificata dal botanico apuano Pietro Pellegrini[4] non essendo da lui conosciuta.
L’importante ritrovamento della Fritillaria montana sul versante ovest del monte Sagro è opera di Ernesto De Angeli[5], prima di lui nessuno aveva mai visto questa pianta sul territorio apuano. La scoperta che dovrebbe risalire al 2007 arricchisce il già ricco patrimonio botanico del parco delle Alpi Apuane.
La segnalazione a Piazza al Serchio di Stivi Betti risale all’11 aprile 2005[6] e questa zona viene considerata fuori dal territorio apuano sia pure per poche decine di metri.
La pianta è stata osservata su basalti mesozoici sopra la strada provinciale all’ingresso del paese a circa 590 metri di quota. La popolazione fu stimata tra i duecento e i trecento esemplari di cui un centinaio in fioritura.
Secondo l’articolo citato la stazione di Piazza al Serchio rappresentava il limite occidentale di distribuzione in Toscana (oggi naturalmente rappresentato dalla stazione alle pendici
del Sagro nel comune di Fivizzano) e la specie era indicata presente sul Monte Morello vicino a Firenze, alle Cornate di Gerfalco e al Poggio Croce di Prata presso Montieri (Grosseto)
e sul monte Cetona presso Sarteano (Siena). Quindi in pochissime stazioni alle quali Trombetti aggiunge l’Orrido di Botri (Lucca) e Casini di Corte (S. Romano Lucca) e una
segnalazione del 1920 relativa a Poggio del Giro (Sesto Fiorentino) che deve essere confermata.
Nota
Ho avuto notizia di una tesi di laurea specialistica: Elisa Mancuso “Androdioicismo e andromonoicismo sono davvero così rari nelle piante? Indagini sulla biologia riproduttiva della Fritillaria montana (Liliaceae, Liliales)” del corso di studio Evoluzione e diversità della facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università di Pisa, discussa nel luglio 2009. Di questo studio riporto una sintesi che ritengo molto interessante anche nel contesto amatoriale nel quale ci muoviamo.
Tra le strategie riproduttive delle angiosperme l’andromonoicismo[7] e l’androdioicismo[8] sono considerate molto rare, ma nell’ordine delle Liliales sono relativamente presenti. Lo studio al quale ci riferiamo evidenzia che la Fritillaria montana è androdioica (e talvolta sia androdioica che andromonoica) e dimostra che non ci sono differenze nella fitness maschile tra pollini di fiori maschili e di fiori ermafroditi. Gli individui ermafroditi sono comunque di taglia maggiore rispetto a quelli maschili con scapo più largo, perigonio più lungo e numero maggiore di foglie. La specie è quasi completamente autoincompatibile (cioè non si autoimpollina) con limitata produzione di frutti e le piccole popolazioni sono a rischio di scomparsa.
Un altro studio recente è il seguente: L. Peruzzi, E. Mancuso, Maria Ansaldi, Ernesto de Angeli, Giuseppe Trombetti, Distribuzione, caratterizzazione e consistenza delle popolazioni toscane di Fritillaria montana Hoppe. Anno 2008, Webbia: rivista di sistematica e di fitogeografia.
In questo studio gli autori presentano la distribuzione di Fritillaria montana in Toscana. La popolazione è stata misurata in 9273 esemplari, oltre la metà concentrati al Monte Cetona. È stato osservata sempre una prevalenza numerica degli stadi giovanili (sopra il 70%) rispetto agli adulti immaturi e a quelli fioriferi per cui la mortalità giovanile è alta, ma le popolazioni sono all’equilibrio. Il rischio di estinzione è legato alla perdita o alla riduzione dell’habitat. Gli autori classificano la Fritillaria montana come specie Nearly Threatened (NT) a livello regionale quindi a un livello inferiore ai livelli Threatened (in ordine di rischio CR, EN, VU).
LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Liliopsida; Sottoclasse: Liliidae; Ordine: Liliales; Famiglia: Liliaceae; Genere: Fritillaria; Specie: Fritillaria montana.
Forma biologica: Geofita bulbosa[9] (simbolo: G bulb). Geofita (simbolo G): pianta erbacea perenne che porta le gemme in posizione sotterranea (in bulbi, rizomi, tuberi) e durante la stagione avversa non presenta organi aerei. Bulbosa (simbolo bulb): pianta che presenta un organo sotterraneo di riserva, detto bulbo, dal quale ogni anno nascono fusti, foglie e fiori.
Descrizione: pianta erbacea, bulbosa, alta da 20 a 40 cm. I fusti sono cilindrici con punteggiatura scura nella parte superiore. Ha tre paia di foglie verde-azzurrino opposte o alterne lunghe fino a 8 cm. Il fiore è unico (di rado[10] ce ne sono due) ed è portato da un peduncolo curvo all’estremo dello scapo, ha un odore delicato e dolciastro. Il perigonio è campanulato con sei tepali lunghi da 20 a 35 mm che hanno colore bruno-violaceo e reticolatura dello stesso colore su sfondo giallo-verdastro. Presenta poi sei antere gialle con lo stilo trifido e verdastro. Il frutto è una capsula.
Antesi: aprile-maggio.
Tipo corologico: è presente sulle montagne dell’Europa meridionale dalla Francia fino alla Romania e al Caucaso. In Italia la specie è presente in quasi tutte le regioni italiane, ma è sempre decisamente molto rara e le stazioni contengono sempre un numero limitato di esemplari. Non è segnalata nelle isole maggiori, in Puglia, Liguria e Veneto. È presente in Toscana in almeno nove stazioni tra cui quella del monte Sagro sulla Apuane.
Habitat: si trova nei prati aridi e nei pendii sassosi per lo più su substrato calcareo dai 300 ai 1300 metri, raramente più in alto. In Toscana è situata tra 500 e 1200 metri.
Conservazione: la specie è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali più a rischio di estinzione con la denominazione Fritillaria tenella M. Bieb. e anche con quella Fritillaria orientalis Adams. Essa è classificata come gravemente minacciata CR (critically endangered), mentre in altre regioni è considerata a minor rischio come vulnerabile VU (vulnerable) o anche a basso rischio LR (lower risk) comunque è sempre protetta. Non viene considerata, a livello regionale, immediatamente a rischio anche se il numero ridotto di esemplari[11] e la localizzazione molto accessibile non gioca certo a favore della conservazione di alcune stazioni.
Altre foto relative a questa specie, presenti su questo sito possono essere consultate qui
Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.
note
1 Ricordo un detto dei nostri vecchi di Carrara: "Non mirar ch’al prisc’ " cioè non guardare che secca, non matura. E' riferita alla credenza che guardando frutta o ortaggi durante la crescita, questi non maturino. L'ho sentito riferito alle zucche. E quando si riteneva fosse successo si diceva: a l‘è prita.
2 Giuseppe Trombetti, Il monte Sagro e i suoi fiori, Fritillaria montana, Alpe di Luni, Periodico della sezione di Carrara del Club Alpino Italiano, Anno IV, n.2, giugno 2008, pag. VI, VII. Il testo è consultabile anche on-line dal sito del Cai di Carrara.
3 Considerando specie, sottospecie, varietà, forme e cultivar si superano i 500 gruppi distinti.
4 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara.
5 Ernesto De Angeli (Massa 1948) è esperto di orchidee e disegnatore naturalista. È co-autore di un interessante testo sulle orchidee apuane: Gino Bertozzi, Ernesto De Angeli, Giuliano Pacifico, Le orchidee delle Apuane, Mauro Baroni Editore, Viareggio, 2000.
6 Fabio Garbari, Stivi Betti, Fritillaria orientalis (Liliaceae) nuova per le Alpi Apuane, Atti Soc. tosc. Sci. Nat., Mem., Serie B, 111 (2004) pag. 155. Stivi Betti è prematuramente deceduto proprio nel 2005.
7 Andromonoicismo: presenza nella stessa pianta di fiori ermafroditi e di fiori maschili.
8 Androdioicimo: presenza di piante con fiori ermafroditi e di piante con fiori maschili.
9 Sono geofita bulbose anche i generi Alium, Crocus, Erythronium, Gladiolus, Lilium,Narcissus, Ophrys ed Orchis.
10 Nella stazione del Sagro una pianta aveva due fiori, quindi circa l’8 % (un calcolo molto approssimativo).
11 Ricordiamo l’effetto Allee, dal nome del botanico Warder Clyde Allee, secondo il quale se una popolazione è ridotta la sopravvivenza della stessa è a rischio. L’effetto scompare all’aumento della popolazione.