"Sta nella cruda nudità rupestre
il Gàbberi, irto qual ferrato casco.
Ecco, e su i carri per le vie maestre
passa il falasco."
(Gabriele D’Annunzio)
(f.f.) modesta vetta delle Apuane meridionali, ma punto molto panoramico e luogo di meditazione oltre che di contemplazione.
MONTE GABBERI
Il Monte Gabbari nell’Alpe Apuana. È uno sprone meridionale dell’Alpe di Petrosciana che separa a levante il vicariato Pietrasantino
dal territorio lucchese di Camajore. La sua cima è compresa nella comunità di Stazzema, e si alza sopra il livello del mare 1895,9 braccia fiorentine equivalenti a tese
561,4[1].
Modesta vetta delle Apuane meridionali, le cosiddette Apuane riposanti, ma, nonostante la scarsa quota (1108 metri), è un notevole punto panoramico sulle Panie e sul mare. Anticamente conosciuto come monte Gabbari.
Essa domina con la sua mole la piana di Camaiore e la divide dal bacino del Vezza, nel comune di Stazzema nel territorio del quale è interamente compreso.
Sulla vetta c’è una grande croce metallica. La montagna è molto boscosa con qualche affioramento roccioso.
SENTIERI PER LA VETTA
È possibile arrivare in vetta con diversi itinerari abbastanza semplici anche se alcuni sono poco segnati ed altri sono privi di qualsiasi segno, anche se ben evidenti.
Data l’importanza del monte la rete di sentieri meriterebbe una maggiore considerazione. La combinazione dei diversi sentieri permette facili percorsi ad anello.
LA VETTA
Aristide Bruni[2] nella relazione “Una regione sconosciuta delle Alpi Apuane” diceva:
il Gabbari per esempio è un monte di facilissimo accesso e posto alle porte di Pietrasanta, di Camaiore e di Viareggio: ad eccezione della Pania non v’è altra posizione in tutte
le Alpi Apuane che offra un panorama così ben disposto, così pieni contrasti, così bello infine, quanto quello che si scopre dalla sua sommità; e con tutto ciò il Gabbari è
sconosciuto[3]....
La cima del monte è stata descritta in molti modi oltre “il ferrato casco” dannunziano: la testa di un leone, la prua di una nave protesa verso il mare, un panettone calcareo, una terrazza o una balconata sul mare.
È certo che il ripiano sommitale è molto panoramico a dispetto della modesta altezza. La costa con le isole dell’arcipelago si distende da Livorno alla Spezia e, nelle giornate limpide, è possibile ammirare le Alpi Marittime. Poi c’è la pianura dal lago di Massaciuccoli, al Camaiorese fino alla costa apuana.
Per finire le Alpi Apuane meridionali (Lieto, Matanna, Piglione, Prana) e centrali (Altissimo, Corchia, Panie) ed anche, in lontananza, il monte Sagro nella parte settentrionale.
IL GABBERI E LA POESIA
Alle pendici del Monte Gabberi, più precisamente a Valdicastello (oggi Valdicastello Carducci) nel comune di Pietrasanta, nacque il grande poeta ottocentesco Giosuè Carducci[4] (1835-1907). Egli, comunque, non fu molto legato al suo luogo natio che lasciò ben presto: già l’anno seguente la famiglia si trasferì a Fornetto di Pontestazzemese e, nel 1838, a Bolgheri.
Fu invece Gabriele D’Annunzio (1863-1938) tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 a creare il mito della Versilia mediante le pagine dell’Alcyone in cui tracciò la mappa della zona destinata, poco dopo, a diventare una delle mete turistiche preferite della borghesia italiana.
Proprio il poeta abruzzese citò più volte il monte Gabberi nei suoi versi.
Sta nella cruda nudità rupestre
il Gàbberi, irto qual ferrato casco.
I versi, già citati in epigrafe, sono tratti da Alcyone, sogni di terre lontane. In particolare da Il commiato, quindi dall’ultima delle liriche di questa raccolta. La raccolta costituisce il terzo libro delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi. Le Laudi, rimaste incomplete, furono composte tra il 1903 ed il 1912.
Ma il tuo monte Gàbberi è duro
più del Teumesso, o mio Padre;
è come un elmetto di eroe.
Ha forma d’aulòpide, cara
a Pallade e a Pericle il monte,
con la visiera e il nasale.
E l’aspra virtude apuana
sembra guatar per i fòri
le mari sul mar di Liguria
e noverare le forze
dell’arsenà che travaglia
dietro il promontorio lunense.
[...]
E dal ferreo Gàbberi al Ronco
roseo di grecchia dai boschi
di Mommio argentei di pace
ai rugginosi gironi
della Ceràgiola ardente
il tuo spirto ovunque diffuso
era nell’etrusca Versilia;
Questi altri versi sono tratti da Maya, libro primo delle Laudi. Esso non è una raccolta di liriche, come l’Alcyone, bensì un poema unitario. Sia Maya che Alcyone furono pubblicate nel 1903.
VICINO AL GABBERI
Borgo del comune di Stazzema posto a 646 metri arroccato su un crinale alla base orientale del Monte Lieto ed a settentrione del monte Gabberi. La notizia più antica del borgo risale al 798. Il nome dovrebbe derivare da farnia, cioè faggio. Questa pianta fu poi sostituita in loco dal castagno per la sua importanza alimentare. L’attività principale degli abitanti fu la produzione di carbone da legna e la lavorazione del ferro proveniente dalla zona di Ruosina, sempre nello stazzemese. Qua passano i sentieri 3 e 4 ed è punto privilegiato di partenza per salire al Lieto ed al Gabberi. Il paese è molto panoramico sulle Apuane Meridionali e su quelle centrali oltre che sul paese di Pomezzana e su quello di Stazzema. La chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo risale, nel suo impianto generale, a prima del 1000 e fu poi ristrutturata e viene aperta solo in ricorrenze particolari. C’è comunque un’altra chiesa per la cura delle anime situata nella piazzetta con il piccolo monumento ai caduti. L’8 agosto 1944 il paese fu bruciato dai nazi-fascisti poco prima dell’eccidio di Stazzema.
Foce di San Rocchino
Quota 801 metri. È un importante snodo di sentieri, qua passano il 106 da Trescolli per Pomezzana ed il rifugio Forte dei Marmi e il 3 da Capezzano per Palagnana passando per la Foce del Pallone. Il 106 nel tratto verso Pomezzana è uno sterrato nel bosco percorribile anche dalle auto. Ci sono poi le indicazioni per il 107 per Monte Gabberi e La Culla. Qua si trova una cappella dedicata a San Rocco, siamo nel comune di Stazzema, ma a pochi metri da quello di Camaiore per cui questa zona fu luogo di controversie tra la comunità di Pomezzana e quella di Càsoli per i diritti di pascolo. A pochi minuti, lungo il sentiero 3 si trova l’Agriturismo Il Paesaggio.
Monte Gevoli
Anche monte Gegoli. Modesta quota a 949 metri che si stacca a nord-est del Gabberi. Alle sue pendici nord passa il sentiero 3 mentre a sud passa il 107.
Pietralunga del Monte Gabberi
O semplicemente Pietralunga. Monolite calcareo che si eleva sul boscoso versante settentrionale del Monte Gabberi non distante dal paese di Farnocchia dal quale è ben visibile. Raggiunge circa 900 metri di altezza e permette arrampicate dai 35 ai 50 metri. Fu conquistato per la prima volta nel 1932. Si arriva facilmente alle sue pendici percorrendo il sentiero mulattiera non segnato, ma ben evidente che si stacca dal sentiero 4 e va a collegarsi con il 106 per il Gabberi. Come per molti luoghi apuani si narrano leggende anche su questo monolite sotto il quale si troverebbe un tesoro ormai inaccessibile all’uomo.
Sant’Anna di Stazzema
Il borgo si raggiunge dalla provinciale Pietrasanta-Massarosa, conosciuta come Sarzanese, deviando presso una rotonda di recente costruita e seguendo le relative indicazioni. Il paese nacque come alpeggio di Farnocchia per poi diventare luogo di abituale residenza. La chiesa, di impianto cinquecentesco, si trova a 650 metri e le case del borgo sono sparse ai piedi del Monte Lieto a formare piccole borgate che prendono nome: Argentiera, i Bambini, le Case, le Case di Berna, i Coletti, il Colle, Fabbiani, Franchi, i Merli, il Moco, Monte Ornato, i Mulini, il Pero, Sénnari, Vaccareccia, Vallecava, Vinci. Il paese si estende lungo il Canale dei Mulini fino a Valdicastello nel Comune di Pietrasanta.
La popolazione locale era dedita all’agricoltura, alla pastorizia ed al lavoro nelle vicine miniere, in particolare quelle del monte Arsiccio.
Sul vicino Col di Cava, a 786 metri, raggiungibile con una via Crucis, si trova il Monumento Ossario[5] a ricordo dei 560 Martiri, vittime dell’eccidio compito dai nazi-fascisti il 12 agosto 1944.
Nel 1982 l’allora Presidente Pertini inaugurò il Museo di S.Anna sito nella vecchia scuola elementare, esso divenne, poi, nel 1991 Museo Storico della Resistenza in Toscana. L’intera zona di S.Anna è stata dichiarata nel 2000 Parco Nazionale della Pace.
Nei pressi passano sia il sentiero 3 che il 4.
"Le cose che si dimenticano possono ritornare" (Primo Levi)
La Strage di Sant’Anna[6]
Nell’estate 1944 la zona di Sant’Anna ospitava oltre mille sfollati dalla Versilia, ma anche da altre parti d’Italia, che cercavano rifugio dalla guerra. Infatti il paese era praticamente isolato, sperduto tra i boschi e privo di strade d’accesso e quindi era ritenuto luogo sicuro.
All’alba del 12 agosto, però, 4 colonne di SS forse al comando del criminale di guerra Walter Reder, ma guidate da fascisti locali, provenienti dal Monte Ornato, da Farnocchia, da Mulina e da Valdicastello, invasero la zona bruciando le case ed uccidendo bambini, donne e vecchi. Alla Vaccareccia oltre cento persone furono radunate in una stalla ed uccise con bombe a mano e col fuoco, in altre frazioni (Colle, Moco, Franchi, Case) la gente riuscì a fuggire specialmente i giovani uomini che credevano ad un normale rastrellamento che non riguardava mai il resto della popolazione.
Gli abitanti del Pero, di Vinci, gli sfollati che vivevano nella canonica e nella scuola furono ammassati nel piazzale della chiesa per essere poi trucidati con le mitragliatrici e dati alle fiamme.
Moltissime vittime erano irriconoscibili.
La strage rientrava nella strategia, ideata da Kesserling[7], della “terra bruciata” per intimorire in maniera
indiscriminata la popolazione civile per evitare che collaborasse con i combattenti per la libertà.
I SENTIERI
Sentiero 3
Capezzano Monte (343m) - Foce Sant'Anna (830m) – raccordo per il monte Lieto - Farnocchia (646m) sentiero 4 – raccordo 107 - Foce di San Rocchino (801m) sentiero 106 – Foce di Grattaculo (860m) sentiero 121 - Foce del Pallone (1092m) sentiero 105 – Rifugio Alto Matanna (1037m) sentiero 109 – sentiero 8 - Palagnana (764m).
Sentiero tranquillo per buona parte nel bosco. A Farnocchia il sentiero passa dentro al borgo per entrare subito nel bosco un po’ degradato per i numerosi alberi caduti. Segue a mezza costa le pendici del Monte Gevoli (o Gegoli) tra ruderi di vecchie costruzioni fino ad incrociare il 107 e deviare per San Rocchino da cui arriva subito in una valle amena che domina Camaiore ed con l’agriturismo Il Paesaggio. Poi il sentiero si restringe, supera alcuni ruderi ed arriva alla Foce di Grattaculo, qua prosegue a destra nel bosco per cambiare versante ed iniziare un semicerchio a mezza costa che segue il versante sud-est del Matanna. Incontra i ruderi di Toggiano e poco dopo un abbeveratoio con fonte in località Tricucci. Ancora poco e perviene alla Foce del Pallone da cui si scende al Rifugio e poi a Palagnana.
Sentiero 4
Sant’Anna di Stazzema (650m) – Case Sènnari (720m) – Foce di Farnocchia o Focette (873m)- Farnocchia (646m). Entra nel bosco presso le Case Sénnari fino alle Focette da cui si scende a Farnocchia. Esso costituisce il più antico collegamento tra le due località.
Sentiero 106
Trescolli (523m) – innesto sentiero per Grotta all’Onda - Foce di San Rocchino (801m) incrocio 3 – Pomezzana(592m) – innesto nel 121 - Rifugio Forte dei Marmi (865m). Inizia dalla strada asfaltata: inizialmente è molto ameno tra rari alberi, poi inizia a salire ed il fondo diventa ciottoloso ed aumenta la vegetazione. Poi arriva ad alcune case con piane coltivate e ad una costruzione in un’abetaia e subito sopra un grosso muro di contenimento e a destra in breve a San Rocchino. Per Pomezzana si segue uno stradello non asfaltato.
Sentiero 107
La Culla (451m) - Case Lecci (601m) - Monte Gabberi (1108m) - Foce di San Rocchino (801m). Il sentiero scende dalla vetta fino ad incontrare il sentiero 3 per la Foce.
ITINERARI RELATIVI AL MONTE GABBERI:
note
1 Emanuele REPETTI, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, tipografie Tofani e Mazzoni, Firenze, 1833-1845. Ristampa anastatica a cura della Federazione delle Casse di Risparmio della Toscana, Grafiche Fratelli Stianti, Firenze 1972.
2 Aristide Bruni: ingegnere fiorentino al quale si deve la prima ascensione documentata del monte Procinto nel 1879. Bruni fu un grande estimatore della zona apuana che promosse dal punto di vista alpinistico e turistico. Fece costruire il sentiero a lui dedicato ed anche la famosa ferrata del Procinto, a cura del Cai di Firenze, che divenne operativa nel 1893.
3 Carlo MARIANI, L’ombrello di Freshfield, relazioni di viaggi e storia dell’esplorazione delle Alpi Apuane, 1865-1905, Giardini editore, Pisa, 1986. (Pag 148).
4 Di sè il poeta così scriveva: nacqui nel borghetto di Valdicastello di Versilia, poco lontano da Pietrasanta, il 27 luglio 1835 (l’anno in cui il colera invase l’Italia), primo figlio del Dottor Michele Carducci, pietrasantino, e di Ildegonda Celli, fiorentina.
5 Il monumento fu realizzato nel 1948 con pietra locale su progetto di Tito Salvatori, sotto la Torre c’è una scultura distesa di Vincenzo Gasperetti che effigia Madre e figlia cinte in un mortale abbraccio. Sul vicino memoriale in armo sono impressi i nomi delle Vittime.
6 Questi sono solo appunti, vastissima è la bibliografia a riguardo, cito due opere che riportano sintesi efficaci baste su testimonianze: Paolo DE SIMONIS, Passi nella memoria. Guida ai luoghi delle stragi nazifasciste in Toscana, Carocci Editore, Firenze, 2004 (pag 13-146); Marco MARANDO, Sui sentieri delle Alpi Apuane per riscoprire il cammino dell’uomo, Bandecchi & Vivaldi Editori, Pontedera, 2006 (pag 156-163).
7 Albert Kesserling (1885-1960), comandante in capo delle forze di occupazione tedesche in Italia, criminale di guerra, condannato a morte nel 1947 per i suoi orribili misfatti. La condanna gli fu commutata nell’ergastolo, ma già nel 1952 era libero per le sue “gravissime” condizioni di salute. Tornato in patria fu accolto come eroe e fino alla morte, otto anni dopo, alla faccia delle condizioni di salute, fu attivo sostenitore di circoli nazisti inneggianti ad Hitler. Quello che indigna è il fatto che nelle sue prime dichiarazioni in patria disse che gli italiani avrebbero dovuto erigergli un monumento per ringraziarlo del suo comportamento durante i mesi dell’occupazione tedesca. A questa delirante affermazione rispose Calamandrei con la famosa epigrafe “ad ignominia” del 4 dicembre 1952 collocata a Cuneo nell’atrio del Palazzo Comunale ed una copia della quale si trova anche a S.Anna.