(f.f.) la Peonia selvatica non è un endemismo apuano, ma è pianta dal fiore bellissimo, difficile a vedersi e, giustamente, protetta per evitare che la stupidità degli umani la eradichi per sempre dalle nostre terre.
In questo modo cantava la peonia Corrado Govoni[1]:
Peonie, rose esagerate, rose
dionisiache, rose in guardinfanti
rose superbe simili ad infanti
che si specchiano in differenti pose.
Odalische che ignude e voluttuose
prendono il bagno, tra gli specchi astanti
uguali a grandi eunuchi non curanti,
nei vasi di maioliche preziose.
Rose incinte di rosso (oh ombelicato
ventre d’estasi). Il loro lieve odore
dà come il sentimento di frescure
d’un languido crepuscolo rosato
dopo la pioggia, quando canta un gallo,
o d’un placido specchio di cristalli.
(L’immagine di Govoni è di opulenza dionisiaca, ma in realtà, nel linguaggio dei fiori, la Peonia è simbolo di vergogna e di timidezza.)
E così ne parlava il Tabernaemontanus[2] nel suo famoso “Neuw Kreuterbuch”:
Solche Wurz auch am Hals getragen/ vertreibt alle nächtliche Gespenst/ so im Schlaff unruhig machen
[Tale radice portata al collo/ scaccia via ogni fantasma notturno/ che rende irrequieto il sonno]
La peonia è un fiore che contende alla rosa il titolo di regina dei fiori. Questo è dovuto alle sue corolle colorate ed a volte profumate e alla sua fioritura unica, in primavera, che non si ripete come invece succede per la rosa. Essa è detta giustamente la rosa senza spine. In Cina essa era simbolo di eleganza, raffinatezza e di gloria imperiale. Furono gli olandesi ed i tedeschi, nel XVII secolo, ad importare per primi in Europa le peonie arbustive orientali dalla Cina e dal Giappone insieme alle azalee, alle camelie ed ai crisantemi. In un secondo momento furono riscoperte in Europa anche le specie erbacee nostrali per fare degli ibridi dai fiori grandi e colorati e capaci di sopravvivere ai rigori invernali.
Secondo una leggenda cinese un’imperatrice particolarmente dispotica si era messa in testa di imporre la sua volontà anche alle piante cui ordinò di fiorire tutte insieme per renderle omaggio. La sola peonia, la regina dei fiori, si rifiutò di obbedirle per cui la sciagurata imperatrice fece sradicare tutte le peonie e le fece ripiantare in montagna tra le nevi. La peonia resistette al freddo e sbocciò con un fiore talmente bello che la sovrana dovette revocare l’esilio e restituirle il titolo di Regina.
La trattazione delle diverse specie di questo fiore esula dallo scopo di questo articolo per cui si rimanda ai testi specializzati di botanica o di giardinaggio.
PAEONIA OFFICINALIS
La Paeonia officinalis L. è conosciuta comunemente come peonia selvatica. Vengono usati anche altri nomi scientifici ad indicare una certa confusione nella classificazione delle specie e delle sottospecie.
Viene così descritta da Pietro Pellegrini[3]:
52.- Paeonia peregrina – Mill.
= Paeonia officinalis – Vitm.
= Paeonia corallina – Bert.
(luoghi in cui è stata osservata:) Alla Tambura e al Giovo nel luogo detto Pizzaccio (Bert.), al Sagro in loc. Pozzi (Bolzon). Fiorisce in maggio e giugno. Pianta erbacea perenne.
Il nome generico deriva da Peana o Peone (Παιάν).
[...]a Peon comando ei fece
di risanarlo. La ferita ei sparse
di lenitivo medicame, e tolto
ogni dolore, il tornò sano al tutto,
ché mortale ei non era. E come il latte
per lo gaglio sbattuto si rappiglia,
e perde il suo fluir sotto la mano
del presto mescitor; presta del pari
la peonia virtù Marte guarìa[4].
Quindi sin dai poemi omerici compare un dio guaritore con questo nome che guarisce Ade (detto anche Plutone), dio degli Inferi, quando è ferito da Eracle (Ercole) sceso nell’oltretomba per catturare il cane Cerbero. Egli fa uso di piante medicamentose. In seguito Peana venne assorbito da Apollo, come Apollo “guaritore” ed in un secondo tempo da Asclepio (Esculapio per i romani) figlio di Apollo e, appunto, dio della medicina nella quale fu addestrato dal centauro Chirone.
Una versione diversa del mito considera Peone figlio di Asclepio, il quale, dopo la guarigione di Ade, è colto da invidia nei confronti del figlio che lo ha superato in bravura. Per cui Ade salvò Peone dalle ire del padre trasformandolo in una pianta bellissima, appunto la peonia. Una variante ulteriore sostiene che Latona, la madre dei due gemelli Apollo ed Artemide, avesse un parto difficile. Peone le fece bere il succo di un fiore senza nome che cresceva alle pendici del monte Olimpo e Latona generò i due gemelli senza alcun problema. Questo scatenò l’invidia del padre e la trasformazione nel fiore che, peraltro, già esisteva.
Le scuole di medicina che si svilupparono nel nome di Peone partirono da pratiche magiche, ma prepararono l’avvento di una medicina scientifica che trovò tra i suoi massimi esponenti il famoso Ippocrate da Coo (vissuto tra il IV ed il III secolo avanti Cristo) che si considerava discendente di Asclepio. Teofrasto[5] consigliava di cogliere la pianta di notte per evitare il picchio che riteneva la pianta consacrata a lui ed assaliva chi cercasse di coglierla.
Plinio il Vecchio sosteneva che la pianta fosse stata scoperta ed usata da Peone che gli aveva dato il proprio nome.
Il nome generico officinalis[6] dipende dalle sue proprietà curative che tanto hanno contribuito e contribuiscono a decimare la pianta a causa di raccolte indiscriminate.
Generalmente si confondono i termini pianta officinale e pianta medicinale, in realtà il primo comprende il secondo. La pianta officinale è usata in farmacia per la presenza di sostanze aromatiche, profumi o sostanze medicamentose. La pianta medicinale invece deve contenere sostanze usabili a fini terapeutici. Inoltre una pianta può essere considerata officinale in un paese, ma non in un altro secondo le tradizioni locali, ma le proprietà medicinali ovviamente prescindono dalle regolamentazioni.
Esistono tre varietà:
Paeonia officinalis subsp. officinalis (con i segmenti fogliari divisi per lo più alla base). È questa la varietà presente sulle Apuane e corrisponde alla Paeonia foeminea Miller.
Paeonia officinalis subsp. humilis (Retz) Cullen et Heywood (con i segmenti fogliari divisi per almeno metà della loro lunghezza totale e con fusti e piccioli pubescenti).
Paeonia officinalis subsp. villosa (Huth) Cullen et Heywood (con segmenti fogliari divisi per almeno metà della loro lunghezza totale e con fusti e piccioli fioccosi). Corrisponde alla Paeonia paradoxa Anderson. Vive sulle Alpi marittime, nell’Appennino parmigiano, marchigiano ed abruzzese.
La pianta è ormai abbastanza rara sulle Alpi Apuane poiché è stata decimata da raccolte dovute alle proprietà reali o presunte della pianta oltre che alla particolare bellezza del fiore. Per questo sopravvive solo in zone non facilmente accessibili, è protetta e ne è vietata anche la raccolta dei fiori che impedisce la propagazione dei semi.
UTILIZZO
Oggi si usano l’alcaloide e l’olio essenziale estratti da petali e radice con le necessarie cautele legate alla grande tossicità della pianta e sotto controllo attento di personale qualificato, come del resto è necessario nel caso di tutte le piante medicamentose.
La pianta è tossica e causa vomito, nausea, dolori addominali, congestione degli organi pelvici e stato di debolezza ed anche aborto nelle donne gravide.
I principi attivi si trovano in varie parti della pianta:
I principi attivi sono antispasmodici e sedativi sulla muscolatura liscia, per cui possono essere utili per i disturbi nervosi e come calmanti per la tosse, specialmente per la pertosse.
In passato (Ippocrate e Teofrasto) era usata come antiepilettico.
Nelle credenze popolari si attribuivano alla peonia proprietà magiche oltre a quelle medicamentose per cui non mancava mai nell’antro di ogni stregone. Elenchiamo alcune delle sue presunte proprietà:
LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Ordine: Saxifragales[7]; Famiglia: Paeoniaceae; Genere: Paeonia; Specie: officinalis
Forma biologica: Geofita Rizomatosa (simbolo G Rhiz). Geofita (simbolo G): pianta erbacea perenne con gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presenta organi aerei. Rizomatosa (simbolo Rhiz): il fusto sotterraneo è detto rizoma e da esso, ogni anno, si dipartono le radici ed i fusti aerei.
Descrizione: è una pianta erbacea dal portamento eretto di dimensioni variabili tra i 30 ed i 120 cm per cui è ben visibile da lontano e, durante la fioritura, viene facilmente identificata per le dimensioni ed il colore rosso acceso del fiore. Il rizoma è legnoso con, alla base, dei piccoli tuberi. Il fusto è eretto, cilindrico, erbaceo e pubescente[8] specialmente in alto ed è molto rigoglioso. Infatti possiede grandi foglie formate da più elementi che si dipartono da un unico picciolo e le parti della foglia sono lanceolate o ellittiche (larghezza 3-6 cm, lunghezza 7-13). La pagina superiore è glabra[9], verde scuro e lucida mentre quella inferiore è glauca[10] e ricoperta da peluria. Il fiore è unico, all’estremità del ramo, ed ha dimensioni cospicue, quando è aperto arriva a 10 cm, è formato da 7-8 grandi petali dal coloro rosso cremisi con numerose antere gialle. I frutti sono riuniti in gruppi di 2-3 formati da un involucro vellutato verde che contiene i semi scuri ed abbastanza grandi.
Antesi: Maggio-Giugno.
Tipo corologico: la pianta è presente nell’Europa centro-meridionale ed in Italia nell’arco alpino e nell’Appennino fino all’Abruzzo. Sulle Apuane prospera all’ombra nei pressi del monte Borla, al Matanna ed al Freddone. Particolarmente belle le fioriture nel versante garfagnino del monte Pisanino sui nudi dirupi erbosi.
Habitat: dai 100 ai 1800 metri, in boschi chiari di latifoglie e su terreni aridi e sassosi di preferenza calcarei.
Conservazione: la pianta è protetta in tutta Europa, in particolare lo è sulle Alpi Apuane dove è rara e a rischio.
Altre foto relative a questa specie, presenti su questo sito possono essere consultate qui
Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.
note
1 Corrado Govoni (Tàmara (Copparo) Ferrara 1884, Anzio Roma 1965) poeta crepuscolare e poi futurista. La poesia fa parte de “I canti del puro folle” del 1959 ed è uno de “I fiori che amo”.
2 Jacob Theodor (Bad Bergzabern 1525, Heidelberg 1590), detto Tabernaemontanus dal nome della sua città natale, fu medico e botanico. Pubblicò nel 1588 il suo famoso erbario con oltre 2300 illustrazioni dal titolo: Neuw Kreuterbuch (nuovo erbario).
3 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 26.
4 Omero, Iliade, traduzione di Vincenzo Monti, libro V, vv. 1195-1203. Marte viene ferito dal mortale Diomede su istigazione di Minerva che parteggia per i greci. Marte poi risale all’Olimpo e Giove incarica Peone di guarirlo.
5 Teofrasto, vissuto tra il III ed il II secolo avanti Cristo, fu discepolo di Aristotele e viene considerato il fondatore della botanica. Fu autorità assoluta in questo campo fino al medioevo con le sue opere Ricerche sulle piante e Cause delle piante.
6 Il termine officinale significa: che si produce in farmacia. Deriva da officina nel senso di laboratorio farmaceutico. I prodotti officinali sono confezionati dal farmacista in base a formula fissa e tenuti già pronti a disposizione dei clienti, invece i prodotti magistrali vengono confezionati dal farmacista in base alla ricetta del medico.
7 Alcuni botanici usano l’ordine Dilleniales appartenente alla sottoclasse Dilleniidae.
8 In botanica pubescente, riferito ad organi vegetali, significa ricoperto di fitta e corta peluria per cui è morbido al tatto.
9 Priva di peli.
10 Di colore verde-azzurro, chiaro, per la presenza di cere di rivestimento.