(MS-Massa) RENARA–CASA BONOTTI–LIZZA DELLA CHIESA DEL DIAVOLO–CAVA DELLA CHIESA DEL DIAVOLO (1032 mt)–PASSO DEL VESTITO (1151 mt)–CASA BONOTTI–RENARA (anello)
Loc. di partenza: RENARA termine strada asfaltata (270 mt)
Loc. di arrivo: RENARA termine strada asfaltata (270 mt)
Dislivello mt.: 990
Tempo totale: 5h35’
Difficoltà:
Punti d'appoggio: Nessuno (possibilità di deviazione al ristorante Le Gobbie, 20’ circa a/r)
Rifornimento acqua: Nessuno (Le Gobbie, previa deviazione)
Tratti di ferrata: No(brevi tratti assicurati)
Sequenza sentieri: 42, Lizza della Chiesa del Diavolo (non numerata), traccia “gialla” non numerata, 150, 42
DATA ESCURSIONE: 31/08/2019
Itinerario percorso nuovamente in data 17/05/2020, lo stato dell'intero percorso coincide con quanto relazionato.[IXLK]https://www.facebook.com/Escursioni.Apuane/photos/a.1985769234777600/2550484194972765/?type=3&theater[FXLK][TYLK]

[ILK]Sentiero150.html[FLK]Qui[TLK]un approfondimento sul sentiero 150.

Si consiglia di leggere attentamente anche la sezione “Note”. Un breve tratto franato lungo la lizza, attrezzato con cavo metallico, obbliga ad alcuni passaggi paragonabili a un 2° grado rendendo questo percoso EE+.

Relazione a cura di Francesco Salvatori


Proseguiamo lungo lo stradello, con il torrente alla nostra sinistra. Se siamo in estate noteremo senza dubbio alcune pozze d’acqua balneabili: i ragazzi dei paesi a monte sono soliti realizzare piccole dighe che rimuoveranno poi a fine estate. Sullo sfondo lo sguardo si posa sull’imponente monte Sella e sulla cresta che prosegue fino al Macina.
In 10’ la strada termina presso un piazzale (si potrebbe arrivare fin qua in auto): siamo in località Renara (310m s.l.m.) e troviamo le indicazioni del sentiero 42 (ex 162) per il Passo del Vestito, che iniziamo a seguire. Attraversiamo il fondo roccioso del canale: a sinistra sale la deviazione per la lizza della monorotaia, noi proseguiamo dritti superando l’edificio di servizio delle vecchie cave. Il sentiero si snoda ora su massi sul fondo del canale, ora ripido su fondo regolare (probabilmente ciò che resta della vecchia via di lizza).

A 45’ dalla partenza siamo a Casa Bonotti, vecchio edificio di servizio delle cave ora abbandonato e usato saltuariamente dal pastore. Appena superata la casa un masso sulla sinistra riporta l’indicazione per la lizza della Chiesa del Diavolo. Abbandoniamo il sentiero 42 e saliamo ripidamente lungo una traccia nel bosco non segnata ma evidente; alla nostra sinistra possiamo notare dei terrazzamenti. Qualche ometto in pietra aiuta ad orientarsi nei punti in cui l’abbondante paleo tende a nascondere la traccia.
In pochi minuti usciamo dal bosco e iniziamo a percorrere la via di lizza: il tracciato è per lo più conservato ma di tanto in tanto invaso da vegetazione e, saltuariamente, da qualche roccia franata. Subito le pendenze si fanno rilevanti e incessanti, costringendoci a varie soste per riprendere fiato. Man mano che procediamo le pareti che delimitano il fosso si fanno sempre più strette e ripide; alle nostre spalle possiamo osservare le propaggini rocciose del monte Pelato.
A 1h05’ siamo al passaggio chiave dell’escursione. Qui la via di lizza piegava leggermente a destra, ma qualche metro è completamente franato nel canale sottostante e non possiamo fare altro che traversare su una roccia con scarsi appoggi. Una fune e un solido cavo metallico consentono il superamento di questo esposto tratto: procediamo muovendo un arto alla volta, utilizzando come appoggi per i piedi delle tacche solide ma sottili (alcune non più di qualche centrimetro). I movimenti richiesti possono con ogni probabilità essere classificati come 2° grado. In breve recuperiamo il tracciato della via di lizza e ci fermiamo un attimo a riprendere fiato: le difficoltà maggiori sono terminate, ma la fatica continua.
Dopo altri 20’ di salita incontriamo un secondo tratto attrezzato con cavo metallico, decisamente più semplice del precedente: il muro a secco è un po’ franato, ma la parte integra è sufficientemente larga per passare comodamente.
A 1h37’ la via di lizza entra nel bosco e in breve il tracciato scompare nel paleo; fortunatamente un grosso ometto, posto in corrispondenza degli ultimi metri di muretto a secco, ci indica un’evidente traccia in falsopiano sulla destra. Proseguiamo lungo quest’ultima, incontrando più in alto anche un tratto scalinato; percorriamo delle voltoline, usciamo dal bosco e procediamo a zig zag guadagnando quota finché la traccia non svolta bruscamente a sinistra sviluppandosi poi a mezzacosta nel paleo. Dopo 15’ dalla deviazione incontriamo ora un terzo tratto attrezzato con cavo, questa volta utile per aggirare un costone roccioso: superato quest’ultimo siamo nuovamente sul tracciato originale della lizza.
Siamo in cammino da circa 2h quando alla nostra sinistra vediamo in lontananza uno spiazzo su cui sorge un edificio di servizio della cava, dominato da un caratteristico trittico di guglie che alcune relazioni riportano come “Il Tridente”. Deviamo temporaneamente dal percorso principale seguendo la nitida traccia a mezzacosta che si sviluppa alla nostra sinistra; in pochi minuti raggiungiamo il pianoro, dove oltre all’edificio succitato (e a un rudere in pietra) troviamo vari macchinari arrugginiti, veri e propri elementi di archeologia industriale. Torniamo sui nostri passi e a 2h12’ siamo nuovamente sulla via di lizza. Gettiamo un rapido sguardo all’Altissimo e al monte Pelato e riprendiamo a salire.
8’ dopo la via di lizza termina alla base di un grosso ravaneto. Sulla destra un segno giallo su un masso indica la traccia (evidente) che prosegue fino a innestarsi sul sentiero 150; un tubo di ferro, anch’esso segnato di giallo, attraversa il sentiero dopo qualche metro facilitandone ulteriormente l’individuazione. Per il momento ignoriamo questo bivio e ci dirigiamo alla cava: risaliamo il ravaneto prestando notevole attenzione, cercando di mantenerci dove i sassi sono più grossi e il passaggio è un po’ meno instabile.
Finalmente a 2h38’ dalla partenza raggiungiamo la cava: da qui possiamo ammirare un panorama che spazia dalle cave di Colonnata alla zona di foce Rasori, passando per i monti Maggiore e Sagro. Percorriamo a ritroso il ravaneto con ulteriore attenzione: in discesa il rischio di smottamenti è maggiore.

Terminata la discesa del ravaneto (che ci ha impegnato per 15’) imbocchiamo il sentiero precedentemente avvistato. Si guadagna subito quota, giungendo in breve a uno spiazzo panoramico caratterizzato da un grosso tubo di ferro. Il sentiero cambia versante ma le pendenze non calano; il percorso è ben segnato.
Procediamo con attenzione su terreno friabile e dopo 15’ superiamo un costone roccioso attrezzato con corde fisse. Ci aspetta ora qualche facile passaggio di 1° grado, superato il quale il sentiero finalmente spiana e inizia a procedere a mezzacosta. Improvvisamente il paesaggio cambia e ci troviamo su delle maestose placche marmoree, lungo le quali affrontiamo un traverso un po’ esposto ma tutto sommato comodo (3h20’); infine entriamo nel bosco e proseguiamo 18’ fino a incontrare un ennesimo tratto attrezzato con filo elicoidale arrugginito: il passaggio è leggermente esposto ma comunque semplice. Il bosco si fa ora molto fitto.

A 3h43’ dalla partenza ci innestiamo sul sentiero 150: a sinistra prosegue verso Arni e, con tratti difficili, verso il Passo Sella, noi prendiamo a destra in direzione del Passo del Vestito. Un vecchio segno rosso sbiadito e un ometto indicano la traccia da noi appena percorsa a chi decidesse di percorrerla nella direzione opposta. Il percorso, finalmente in discesa, è ora agevole e sempre evidente: dapprima ci muoviamo nella vegetazione, poi affrontiamo dei facili traversini su roccia e infine scendiamo su grosse rocce verso la via di cava, che raggiungiamo in 18’. Scendendo lungo quest’ultima è possibile raggiungere in una decina di minuti il Ristorante Albergo Le Gobbie, unico potenziale punto d’appoggio di questo itinerario.

Imbocchiamo il sentiero 42 alla nostra destra, ben indicato: il primissimo tratto si sviluppa lungo uno stradello a fondo sterrato, che si conclude presso il Passo del Vestito (4h05’) dove possiamo osservare un bunker risalente alla guerra mondiale. Ci fermiamo qualche minuto a riposare le gambe.
È ora il momento di “tuffarci” bruscamente nel Fosso del Vestito: la discesa è ripida e impervia, e alterna tratti boscosi, ampi palei e passaggi su un misto di terra, sfasciumi e qualche roccetta. I segni biancorossi sono evidenti e frequenti, agevolando notevolmente la discesa. Dopo 13' (4h22' totali) si giunge a un traverso su placca attrezzato con cavo metallico, facilitato anche da alcuni gradini ricavati nella roccia. Successivamente inizia a essere evidente alla nostra sinistra il canale, delimitato dalle ripidissime propaggini del Pelato. Altri 20' e ci troviamo a scendere lungo una piccola dorsale che termina presso un rudere in pietra; qui pieghiamo a sinistra e ci portiamo sul fondo canale, che seguiamo per un po' aggirandolo lateralmente ove necessario. Adesso il sentiero si sposta nuovamente a sinistra, a mezzacosta nel bosco, quindi esce all’aperto e in breve ci conduce in testa a un grosso ravaneto. Scendiamo su sfasciumi con attenzione, sfruttando a dovere le corde disposte nei punti maggiormente impegnativi e instabili; raggiungiamo una piazzola, e continuiamo a scendere lungo la parte bassa del ravaneto, ora costituito da massi ben più grossi.
A 5h10' possiamo rifiatare: la parte peggiore è terminata. Il sentiero si sviluppa ora nel largo; costeggiando il canale giungiamo in breve nei pressi di Casa Bonotti, chiudendo così il nostro anello. Percorriamo a ritroso il tratto affrontato all’inizio della nostra escursione e a 5h25' siamo al piazzale di Renara; altri 10' di cammino e a 5h35' siamo finalmente alla macchina. Concludiamo la nostra escursione con un bel tuffo nella corroborante (per non dire ghiacciata) acqua del torrente Renara.
Da Massa si procede su via Bassa Tambura dapprima in direzione Forno, poi per Guadine/Resceto, sempre costeggiando l'alveo del fiume. Superiamo Guadine e, raggiunta la frazione di Gronda, un cartello indica sulla destra la deviazione per Renara, che seguiamo fino al termine della strada asfaltata.
Itinerario faticoso e in più punti difficile. La ripida salita richiede un buon allenamento fisico e la discesa si sviluppa sul tipico terreno infido apuano, con un mix di sfasciumi e paleo, risultando proibitiva in caso di umidità e/o pioggia. In alcuni tratti servono piede fermo ed esperienza.

Un unico breve tratto esposto e complicato richiede passaggi di 2° grado che portano a classificare questo come itinerario come EE+, mentre il resto del percorso non presenta difficoltà più marcate di quelle normalmente riscontrabili in un “classico” EE apuano.

L’intero tratto da casa Bonotti fino alla cava non è segnato ma non presenta particolari difficoltà di orientamento: il percorso è sempre evidente e l’unica vera deviazione è ben marcata con un ometto; il tratto dalla cava all’innesto sul sentiero 150 è ben segnato in giallo lungo tutto il suo sviluppo. Infine, sia il sentiero 150 che il 42 presentano segni biancorossi recenti, ben visibili e frequenti, il che rende decisamente più confortevole la non facile discesa.

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