(f.f) l’Aquilegia atrata prospera nel territorio apuano anche se non è molto comune. È specie protetta e non deve essere assolutamente colta.
Schön erhebt sich der Aglei und senkt das Köpfchen herunter.
Ist es Gefühl? Oder ist's Mutwill? Ihr ratet es nicht.[1]
(J. W. Goethe)
IL GENERE AQUILEGIA
Famiglia Ranunculaceae
Aquilegia L fu classificato da Linneo nel 1753.
Il nome generico Aquilegia deriva dal tardo latino ăquĭlĕgus (= che tira su l’acqua, idraulico), composto di aqua (= acqua) e del tema del verbo legĕre (= raccogliere). Infatti, quando piove, la pianta raccoglie acqua sulle foglie, ma anche sui fiori. Secondo altri, invece, il nome deriva dalla somiglianza degli speroni del fiore con i rostri dell’aquila per cui aquilegia come aquilina (vedi Alberto Magno[2] nella sua opera “De vegetalibus et plantis”).
Il genere Aquilegia comprende un centinaio di specie di piante erbacee perenni alte fino a un metro. Esse hanno foglie a tre lobi incise più o meno profondamente. I fiori sono caratterizzanti del genere e hanno lunghi speroni, il colore varia dal bianco all’azzurro, al giallo, al rosso, al lilla, al viola e all’avorio. Il frutto è un follicolo.
Queste piante prosperano in luoghi freschi e riparati dove la luce è abbondante, ma non diretta. Le troviamo nei prati, ai margini dei boschi, dalla media all’alta montagna, ma possono essere presenti anche al piano.
Sono originarie di Asia, America del Nord, Europa e qualche specie è presente anche in Africa. In Italia sono presenti una decina di specie spontanee diffuse sulle Alpi e sull’Appennino.
Esistono numerose varietà e ibridi coltivati, infatti le aquilegie sono molto apprezzate nei giardini, nella coltivazione in vaso e per la produzione del fiore reciso.
La grande bellezza le rende soggette a raccolte indiscriminate che ne hanno ridotto la diffusione in natura, per questo molte specie sono protette e ne è vietata la raccolta.
Nel medioevo l’aquilegia fu assunta a simbolo di nascita e la si trova raffigurata in varie tavole della Natività di Gesù. Essa fu considerata simbolo di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, dell’umiltà, ma anche della tristezza, della fertilità, della sessualità e della volubilità. Rilevanti per la simbologia sono la posizione inclinata del fiore e la forma “a colombe” dei petali da cui il nome inglese del fiore: columbine.
Gli speroni dei fiori ricordano l’aquila per cui molti associavano alla pianta la proprietà di rendere la vista acuta come quella di un rapace.
Per la medicina popolare la pianta era astringente, antisettica, depurativa e calmante tanto che veniva consigliata per disturbi del sistema nervoso, in realtà la parti aeree e i semi contengono una sostanza tossica per cui se ne può usare solo la radice per uso esterno nella cura di ulcere, scabbia e tigna. Comunque i fiori di alcune specie erano consumati dagli Indiani d’America insieme ad altre verdure.
La tossicità di queste piante dipende dalla presenza di glucosidi cardio-attivi che liberano acido cianidrico e di un alcaloide, chiamato aquilegina, che danneggia gravemente la funzionalità cardio-circolatoria e respiratoria.
L’aquilegia ha ispirato diversi poeti, oltre a Goethe che già abbiamo citato.
Splende lo stesso azzurro sulle altane
e nei giardini l’aquilegia in fiore
ma cambiato il colore dei suoi petali[3]
Si salva, all’ombra di fratta o di fosso, l’aconito
celeste e l’aquilegia[4]
Guido Ceronetti[5] scrisse un libro dal titolo “Aquilegia. Favola sommersa” nel 1973, poi riscritto nel 1988. Il fiore rappresentava una sorta di Sacro Graal in un viaggio iniziatico alla ricerca della salvezza, o semplicemente alla scoperta di sé. È una favola ecologica e rappresenta l’unico romanzo del poeta, ma non ebbe successo e fu pesantemente stroncato dalla critica.
AQUILEGIA ATRATA
Aquilegia atrata Koch.
Classificata da Wilhelm Daniel Joseph Koch[6] nel 1830.
Conosciuta anche come: aquilegia scura, aquilegia nerastra, amor nascosto.
Il nome specifico atrata deriva dall’aggettivo latino ātrātus, a, um (= annerito, scuro, nero, vestito a lutto) in relazione al colore dei fiori.
L’ Aquilegia atrata è una pianta rizomatosa alta fino a 70 cm. Ha foglie verdi che somigliano vagamente a quelle del prezzemolo. I fiori sono disposti in infiorescenze e sono colorati di viola-scuro.
Prospera in collina e montagna, ma è presente, coltivata, anche al piano. Come le congeneri è pianta velenosa anche se le sono riconosciute proprietà medicamentose.
Non è specie molto comune, ma è l’aquilegia più comune sulle Alpi Apuane e sull’Appennino tosco-emiliano.
Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[7]:
45.- Aquilegia vulgaris – L. [Aquilegia atrata Koch]
(luoghi in cui è stata osservata:) In territorio di Massa al Forno (Bert.), alle sorgenti del Frigido, sulla sinistra del Frigido in regione Marcore fra Canevara e la loc. La Croce, lungo il fosso di Antona fra il Ponte Tavella e il fosso delle Madielle, a Pian di Santo sotto il M. Girello, nei boschi di Guadine e Redicesi. A Carrara alla Muratella, ad Acqua Sparta e in Pozzi del gruppo del Sagro (Bolzon). Nella valle del Lucido sopra Equi, tra Fivizzano e Sassalbo. In Val d’Antena e a Guinadi nel Pontremolese.
Volg. Amor nascosto, aquilegia, amante in collera.
Fiorisce da maggio a luglio. Pianta perenne erbacea.
Pellegrini cita altre piante dello stesso genere: Aquilegia alpina [Aquilegia bertolonii Schott] e Aquilegia pyrenaica [Aquilegia bertolonii Schott].
Problemi nella classificazione
In Italia, secondo Pignatti[8] (Flora d’Italia), sono presenti tre gruppi di aquilegie:
aquilegia alpina (pianta delle rupi) presente con due specie distinte
aquilegia vulgaris (pianta dei boschi e dei cespugli in zone ricche d’humus) presente con quattro specie
aquilegia einseleana (pianta delle rupi e dei macereti) presente con cinque specie distinte tra cui aquilegia bertolonii.
Esiste una certa difficoltà nel classificare le specie di aquilegia.
L’aquilegia di Bertoloni ha fusto più esile e fiori di color azzurro-violetto e di maggiori dimensioni rispetto alle altre.
L’aquilegia maggiore (aquilegia alpina L.) è alta da 20 ad 80 cm e ha fiori penduli blu intenso con sperone diritto.
L’aquilegia comune (aquilegia vulgaris L.) e l’aquilegia scura (aquilegia atrata Koch) presentano entrambe lo sperone ricurvo a uncino, la vulgaris ha numerosi fiori penduli azzurro-violetto o chiari mentre la atrata ha petali viola scuro, entrambe con gli stami che sporgono dal fiore.
Le aquilegie presenti nell’Appennino ligure orientale sono attribuite oggi a Aquilegia alpina L., mentre quelle dell’Appennino ligure occidentale sono attribuite a Aquilegia vulgaris L., forse di una specie o sottospecie diversa.
Nelle Alpi liguri l’aquilegia sarebbe Aquilegia einseleana F.W. Schultz, chiamata a suo tempo Aquilegia reuterii Bois. che era considerata Aquilegia bertolonii.
Alla base di queste classificazioni stava l’idea che nel passaggio dalla Provenza alla zona apuana esistessero popolazioni intermedie, ma, se le popolazioni appenniniche sono distinte, l’ipotesi perde significato. Quindi si tende ormai a considerare l’Aquilegia bertolonii come endemismo esclusivamente apuano.
Lasciamo agli scienziati la parola definitiva alla luce di ulteriori e più accurati studi genetici.
LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Magnoliidae; Ordine: Ranunculales; Famiglia: Ranunculaceae; Genere: Aquilegia; Specie: Aquilegia atrata
Forma biologica: Emicriptofita scaposa (simbolo: H scap). Emicriptofita (simbolo H): pianta erbacea biennale o perenne con gemme svernanti a livello del suolo che sono protette dalla lettiera o dalla neve. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.
Descrizione: pianta erbacea perenne alta fino a 70 cm. Possiede un grosso rizoma verticale od obliquo dal quale si dipartono le foglie basali disposte a rosetta e il fusto cilindrico, eretto, provvisto di foglie, ramoso, pubescente in alto e per lo più arrossato. Le foglie radicali sono lungamente picciolate e sono divise in tre parti a loro volta tripartite, le foglie cauline hanno dimensioni minori e da trilobate diventano semplici salendo verso l’alto. I fiori sono penduli e profumati di color violaceo scuro o rosso amaranto e sono portati da lunghi peduncoli anch’essi penduli e sono raccolti in infiorescenze a pannocchia di 2-7 elementi. Il fiore, dal diametro di 3-4 cm, è formato da due verticilli: uno esterno costituito da 5 tepali petaloidi spatolati. Quello interno è formato da 5 nettarii, a forma di cappuccio che si prolungano in uno sperone ricurvo a uncino. Gli stami sono molto numerosi e gialli e sporgono dal fiore. Il frutto è un polifollicolo formato da 5 follicoli pubescenti
Antesi: maggio – luglio.
Tipo corologico: orofita sud-europea dalla penisola Iberica, alle Alpi e ai Balcani. In Italia presente al Nord, in Toscana, in Campania e Calabria.
Habitat: boschi, cespuglieti, pascoli, in zone umide, calcaree e ricche di humus dai 300 ai 2000 metri.
Conservazione: tutte le specie di Aquilegia sono protette in Toscana e in altre regioni italiane. Comunque Aquilegia atrata non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali a rischio di estinzione.
Altre foto possono essere consultate qui
Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.
note
1 Bella si erge l’aquilegia e china il suo capo./ È emozione? O è spavalderia? Voi non lo indovinate. La citazione è tratta da una poesia di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) Frühling (primavera) da Vier Jahreszeiten (quattro stagioni). Oggi aquilegia è Akelei (femminile) mentre in questa poesia è Aglei (maschile).
2 Alberto Magno (Launingen 1206, Colonia 1280), vescovo domenicano, teologo e filosofo, dottore della Chiesa e santo. Si interessò anche di scienze naturali con ottimi risultati.
3 L’autore è Fernando Bandini (Vicenza 1931, vivente) dalla poesia “Per un’aquilegia che cambia colore” nella raccolta “Santi di dicembre” del 1994 pubblicata da Garzanti.
4 L’autore è Giovanni Papini (Firenze 1881, Firenze 1956) scrittore piuttosto controverso.
5 Guido Ceronetti (Andezeno TO 1927, vivente) è poeta e scrittore.
6 Wilhelm Daniel Joseph Koch (1771-1849) fu medico e botanico tedesco, professore a Erlangen dove fu direttore del locale Orto Botanico. Si interessò, in particolare, alla flora tedesca e svizzera cui dedicò il libro “Synopsis florae germanicae et helveticae”.
7 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 25.
8 Sandro Pignatti (Venezia 1930, vivente) botanico autore del più recente trattato di floristica italiana: Flora d’Italia del 1982.