(f.f.) il fiore di questa pianta è notevole e colpisce per la sua forma e per il suo colore il camminatore delle Apuane. Ormai i botanici limitano l’areale di diffusione dell’Aquilegia bertolonii alle sole Apuane e questo deve essere un monito per tutti a rispettarla: accontentiamoci di fotografarla. Durante la fioritura la ammiriamo sul sentiero 173 addossato al picco che guarda sulle cave del Sagro, oppure, in gran quantità, sul faticoso sentiero 160 per la Focola del Vento e qua e là per tutta la catena apuana.
Schön erhebt sich der Aglei und senkt das Köpfchen herunter. Ist es Gefühl? Oder ist's Mutwill? Ihr ratet es nicht.[1]
(J. W. Goethe)
IL GENERE AQUILEGIA
Nel medioevo l’aquilegia fu assunta a simbolo di nascita e la si trova raffigurata in varie tavole della Natività di Gesù. Essa fu considerata simbolo di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, dell’umiltà ma anche della tristezza, della fertilità, della sessualità e della volubilità. Rilevanti per la simbologia sono la posizione inclinata del fiore e la forma “a colombe” dei petali da cui il nome inglese del fiore: columbine.
Gli speroni dei fiori ricordano l’aquila per cui molti associavano alla pianta la proprietà di rendere la vista acuta come quella di un rapace.
Per la medicina popolare la pianta era astringente, antisettica, depurativa e calmante tanto che veniva consigliata per disturbi del sistema nervoso, in realtà la parti aeree ed i semi contengono una sostanza tossica per cui se ne può usare solo la radice per uso esterno nella cura di ulcere, scabbia e tigna.
La tossicità dipende dalla presenza di glucosidi cardioattivi che liberano acido cianidrico ed un alcaloide chiamato aquilegina che danneggia gravemente la funzionalità cardio-circolatoria e respiratoria.
L’aquilegia ha ispirato diversi poeti, oltre a Goethe che già abbiamo citato.
Splende lo stesso azzurro sulle altane
e nei giardini l’aquilegia in fiore
ma cambiato il colore dei suoi petali.[2]
Si salva, all’ombra di fratta o di fosso, l’aconito
celeste e l’aquilegia.[3]
Guido Ceronetti[4] scrisse un libro dal titolo “Aquilegia. Favola sommersa” nel 1973, poi riscritto nel 1988. Il fiore rappresentava una sorta di Sacro Graal in un viaggio iniziatico alla ricerca della salvezza, o semplicemente alla scoperta di sé. È una favola ecologica e rappresenta l’unico romanzo del poeta, ma non ebbe successo e fu pesantemente stroncato dalla critica.
AQUILEGIA BERTOLONII
Aquilegia bertolonii Schott[5]
Aquilegia di Bertoloni, Amor nascosto.
Il nome generico deriva dal tardo latino ăquĭlĕgus (= che tira su l’acqua, idraulico), composto di aqua (= acqua) e del tema di legĕre (= raccogliere), infatti, quando piove, la pianta raccoglie acqua sulle foglie, ma anche sui fiori. Secondo altri, invece, il nome deriva dalla somiglianza degli speroni del fiore con i rostri dell’aquila per cui aquilegia come aquilina (vedi Alberto Magno[6] nella sua opera “De vegetalibus et plantis”). Il nome specifico ricorda il famoso botanico sarzanese Antonio Bertoloni[7] al quale sono dedicate anche altre importanti piante apuane.
Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[8]:
45.- Aquilegia vulgaris – L. [Aquilegia atrata Koch][9]
(luoghi in cui è stata osservata:) In territorio di Massa al Forno (Bert.), alle sorgenti del Frigido, sulla sinistra del Frigido in regione Marcore fra Canevara e la loc. La Croce, lungo il fosso di Antona fra il Ponte Tavella e il fosso delle Madielle, a Pian di Santo sotto il M. Girello, nei boschi di Guadine e Redicesi. A Carrara alla Muratella, ad Acqua Sparta e in Pozzi del gruppo del Sagro (Bolzon). Nella valle del Lucido sopra Esqui, tra Fivizzano e Sassalbo. In Val d’Antena e a Guinadi nel Pontremolese.
Volg. Amor nascosto, aquilegia, amante in collera.
Fiorisce da maggio a luglio. Pianta perenne erbacea.
46. - Aquilegia alpina – L. [Aquilegia bertolonii Schott]
(luoghi in cui è stata osservata:) Nelle Alpi Apuane al Sagro (Becc.), nella catena del M. Orsaro e al M. Prado (Cal.).
Fiorisce in luglio e agosto. Pianta perenne erbacea.
47. - Aquilegia pyrenaica – D. C. [Aquilegia bertolonii Schott]
= Aquilegia alpina – Vitm.
(luoghi in cui è stata osservata:) Alla Tambura (targ.), al M. Sagro e al M. Cavallo (bert.), al M. Sumbra e all’Altissimo (Ross.), al M. Macina sopra Renara.
Fiorisce in luglio e agosto. Pianta perenne erbacea.
Problemi nella classificazione
In Italia, secondo Pignatti[10] (Flora d’Italia) sono presenti tre gruppi di aquilegie:
Aquilegia alpina (pianta delle rupi) presente con due specie distinte
Aquilegia vulgaris (pianta dei boschi e dei cespugli in zone ricche d’humus) presente con quattro specie
Aquilegia einseleana (pianta delle rupi e dei macereti) presente con cinque specie distinte tra cui aquilegia bertolonii
Esiste una certa difficoltà nel classificare le specie di aquilegia.
L’Aquilegia di Bertoloni ha fusto più esile e fiori di color azzurro-violetto e di maggiori dimensioni rispetto alle altre.
L’Aquilegia maggiore (Aquilegia alpina L.) è alta da 20 ad 80 cm ed ha fiori penduli blu intenso con sperone diritto.
L’Aquilegia comune (Aquilegia vulgaris L.) e l’Aquilegia scura (aquilegia atrata Koch) presentano entrambe lo sperone ricurvo ad uncino, la vulgaris ha numerosi fiori penduli azzurro-violetto o chiari mentre la atrata ha petali viola scuro, entrambe con gli stami che sporgono dal fiore.
Le aquilegie presenti nell’Appennino ligure orientale sono attribuite oggi a Aquilegia alpina L., mentre quelle dell’Appennino ligure occidentale sono attribuite a Aquilegia vulgaris L., forse di una specie o sottospecie diversa.
Nelle Alpi liguri l’aquilegia sarebbe Aquilegia einseleana F.W. Schultz, chiamata a suo tempo Aquilegia reuterii Bois. che era considerata Aquilegia bertolonii.
Alla base di queste classificazioni stava l’idea che nel passaggio dalla Provenza alla zona apuana esistessero popolazioni intermedie, ma, se le popolazioni appenniniche sono distinte, l’ipotesi perde significato. Quindi si tende ormai a considerare l’Aquilegia bertolonii come endemismo esclusivamente apuano.
Lasciamo agli studiosi di botanica la parola definitiva alla luce di ulteriori e più accurati studi genetici.
LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Magnoliidae; Ordine: Ranunculales; Famiglia: Ranunculaceae; Genere: Aquilegia; Specie: bertolonii.
Forma biologica: Emicriptofita scaposa (simbolo: H scap). Emicriptofita (simbolo H): pianta erbacea biennale o perenne con gemme svernanti a livello del suolo che sono protette dalla lettiera o dalla neve. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.
Descrizione: la pianta raggiunge da 10 a 30 cm di altezza. Ha rizoma orizzontale e sottile, strisciante tra i sassi e subscaposo[11]. Il fusto è sottile, ascendente e ramoso, pubescente-ghiandoloso[12] e porta da 2 a 4 fiori.
Le foglie sono quasi tutte basali (e ricordano vagamente il prezzemolo) hanno un picciolo di quasi 5 cm e somigliano a ventagli con la lamina divisa in tre parti a loro volta tripartite. Le foglie cauline hanno minori dimensioni e quelle superiori sono ridotte a lacinie. I fiori ermafroditi hanno colore azzurro-violaceo, sono penduli e sono formati da elementi diversi di due tipi: cinque petali esterni disposti a stella ai quali sono alternati cinque petali interni a forma di cappuccio che si prolungano in speroni. Gli speroni sono quasi diritti e solo un po’ arcuati in fondo. Gli stami sono numerosi di color giallo vivo e non escono dal fiore. Il frutto è un polifollicolo, costituito da cinque follicoli pubescenti e provvisti di un piccolo becco.
Antesi:.da maggio a luglio.
Tipo corologico: era considerata endemismo apuo-ligure-provenzale, che prosperava nelle Alpi marittime, nell’Appennino ligure e nelle Apuane. Sono in corso studi (come detto sopra) che rivedrebbero la sua distribuzione e la limiterebbero alla sola zona apuana per cui sarebbe endemismo solo apuano.
Habitat: cresce da quote medie a quote alte su rupi e detriti calcarei, ma talvolta si trova anche su terreno siliceo, e negli erbosi aridi tra pietre e nelle fessure delle rupi. È quindi glareicola[13]. Ama ambienti aperti e luminosi.
Conservazione: la specie è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali più a rischio di estinzione. Essa è classificata nella categoria LR (lower risk), cioè a rischio minimo. naturalmente, non deve essere danneggiata ed il fiore non deve essere assolutamente colto. Invece a livello nazionale è classificata VU cioè vulnerable (= vulnerabile) quindi esposta ad alto rischio di estinzione in natura.
Questa specie gode di protezione assoluta in provincia di Lucca come tutte le altre specie del genere aquilegia.
Altre foto relative a questa specie, presenti su questo sito possono essere consultate qui
Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.
note
1 Bella si erge l’aquilegia e china il suo capo./ È emozione? O è spavalderia? Voi non lo indovinate. La citazione è tratta da una poesia di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) Frühling (primavera) da Vier Jahreszeiten (quattro stagioni). Oggi aquilegia è Akelei (femminile) mentre in questa poesia è Aglei (maschile).
2 L’autore è Fernando Bandini (Vicenza 1931, vivente) dalla poesia “Per un’aquilegia che cambia colore” nella raccolta “Santi di dicembre” del 1994 pubblicata da Garzanti.
3 L’autore è Giovanni Papini (Firenze 1881, Firenze 1956) scrittore piuttosto controverso.
4 Guido Ceronetti (Andezeno TO 1927, vivente) è poeta e scrittore.
5 Schott è l’abbreviazione standard usata per le piante descritte da Heinrich Wilhelm Schott (Brno 1794, Vienna 1865) botanico austriaco grande esperto della famiglia delle Araceae. Partecipò ad una lunga spedizione di studio in Brasile, dal 1845 fu direttore dei giardini (di Schönbrunn) e dello zoo dell’imperatore e si interessò molto anche della flora alpina. La descrizione della nostra pianta risale al 1853.
6 Alberto Magno (Launingen 1206, Colonia 1280), vescovo domenicano, teologo e filosofo, santo della chiesa cattolica. Si interessò anche di scienze naturali.
7 Antonio Bertoloni (Sarzana 1775 – Bologna 1869), si laureò in medicina e si dedicò poi alla botanica ed è considerato il più insegne botanico italiano del 1800. Scrisse una monumentale opera in 10 volumi sulla flora italiana: “Flora italica: sistens plantas in Italia et insulis circumstantibus sponte nascentes”, Masi, Bologna, 1833-1854. E in particolare scrisse opere dedicate alla flora apuana come Flora alpium Apuanarum compresa nel testo: Amoenitates italicae sistentes opuscola ad rem herbarium et zoologiam Italiae spectantia, De Nobili, Bologna, 1819 e Mantissa plantarum florae alpium Apuanarum, Da Olmo e Tiocchi, Bologna, 1833.
8 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 25.
9 In parentesi quadra c’è l’aggiornamento della nomenclatura dovuto a M. Ansaldi, F. Garbari, G. Trombetti dal libro: Fabio Garbari, Annalaura Carducci, Maria Ansaldi, Giuseppe Trombetti: “Pietro Pellegrini”, Società Editrice Apuana per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, Carrara, 2009. All’articolo “Appendici. Nomenclatura dei taxa nella “Flora” di P. Pellegrini e loro aggiornamento. Pag. 33-77. (Il testo è allegato alla ristampa anastatica di cui alla nota 1).
10 Sandro Pignatti (Venezia 1930, vivente) botanico autore del più recente trattato di floristica italiana: Flora d’Italia del 1982.
11 Subscaposo: che ha pochi scapi. Per scapo si intende peduncolo che sale dal terreno nudo oppure ramo che porta il fiore.
12 Pubescente: ricco di peluria. Ghiandoloso: ricco di ghiandole. In botanica le ghiandole sono gruppi di cellule che elaborano resine, mucilaggini, olii, etc.
13 Abitante delle ghiaie dal lat. glarĕa (= ghiaia). Sono chiamate anche glareofite le piante adattate a vivere su ghiaioni o pietraie mobili.