(f.f.) questo è un percorso lungo e faticoso, per una delle vie di lizza più impegnative delle Apuane massesi. Molto interessanti sono i panorami e le fioriture. È possibile constatare le modificazioni che l’attività dell’uomo ha operato e sta ancora operando su una delle zone più belle della montagna di Massa. Il sentiero permette, raccordandosi ad altri, di percorrere un interessante anello del monte Tambura
SENTIERO 166A
Il sentiero è di competenza del Cai sezione Massa che ne cura la manutenzione.
Tragitto
[Resceto (485m) – Casa del Fondo (627m) – sentiero 166] – Bivio 166/166 A - via di lizza Pellini/Silvia – innesto sent. 36 – il Piastrone (circa 1350m) – Cava di Piastra Marina (circa 1450m) – Bivacco Aronte (1642m) – Passo della Focolaccia (1650m).
Anche se il sentiero viene fatto iniziare da Resceto, il percorso reale inizia lungo la via di lizza Magnani (o della Focolaccia) poco sopra il Ponte sul Canal Pianone.
Questo sentiero era numerato 166 bis ed era poi destinato ad avere la numerazione 156 (numero che si trova in alcune pubblicazioni), ma nella revisione del 2009 è diventato 166 A.
Il tratto finale è a comune con il sentiero 36.
Informazioni sulla zona di partenza
Il percorso inizia da Resceto, frazione montana di Massa da cui dista 11,5 km.
Da Massa si segue via Bassa Tambura in direzione Forno, a 4 Km si incontra Canevara, a 6,5 Km a sinistra la strada si dirige a Forno, si continua invece per il ramo di destra,
si superano le Guadine e Gronda e si continua la strada che finisce a Resceto (11,5 km) nella piazzetta del paese (mantenersi sempre a sinistra).
Alcune corse dell’ATN portano da Massa a Resceto e viceversa, ma la domenica è possibile salire solo con una corsa alle 14 e una alle 19 e scendere alle 14.30 e alle 19.30 (questi
dati naturalmente devono essere controllati sul sito del consorzio ATN).
Descrizione del percorso
Difficoltà: EE (sentiero difficile). La difficoltà nasce dalla lunghezza e dal dislivello notevole che richiede buon allenamento. Non ci sono comunque tratti esposti. La difficoltà aumenta in presenza di neve e ghiaccio.
Stato del sentiero: il sentiero è segnato e ben evidente. I tratti più impegnativi della vecchia via di lizza sono evitati mediante alcune deviazioni,
comunque a tratti il fondo è sconnesso e il progredire è faticoso, sia in salita che in discesa. In alto diventa una bianca via marmifera esposta al sole e questo aumenta la fatica
nei periodi molto caldi e assolati.
Tempi:
salita 04h 30’ partendo da Resceto con le soste fisiologiche, 04h partendo dall’inizio reale
discesa 03h 45’
Il percorso
Sintesi: Dopo aver percorso un tratto della Via Vandelli si raggiunge la deviazione per il 166 e subito dopo l’inizio del sentiero 166 A. In pochi minuti siamo in cresta, la via di lizza Silvia rimane poco più a sinistra. Il sentiero in parte segue la vecchia via di lizza, mentre, dove la stessa è più ripida e malmessa, la elude con due deviazioni, una all’inizio per evitare un tratto molto ripido e malmesso della via di lizza, la seconda prima dell’innesto nel 36. La salita è sempre aspra e faticosa, troviamo, sempre a sinistra, antiche costruzioni, ormai dirute, assaggi di cava e tralicci dell’elettricità. Poi superiamo il lastrone del Piastrone e arriviamo alla casa dei cavatori presso la cava del Padulello, da qua in breve si arriva sulla marmifera che porta al passo.
Arriviamo a Resceto e lasciamo l’auto lungo la strada o, se siamo fortunati, nel piccolo parcheggio del paese presso il quale è una fontana, che a volte in estate è asciutta. Saliamo la via ancora asfaltata sopra il parcheggio e subito troviamo sulla destra una maestà dedicata a S. Giovanni Battista, proseguiamo e la strada ben presto diventa sterrata. Arriviamo (07’) alla base di un ripido canalone con muretti di cemento armato per imbrigliare la forza delle acque e sulla roccia vediamo la scritta strada: Vandelli Km 6, in pratica qua inizia la via Vandelli, che porta al Passo della Tambura. Il primo tratto del sentiero che stiamo percorrendo è comune al sentiero 35 (via Vandelli) e al 166. Arrivati (10’) allo Zucco di Zanghin (564m) la visuale si apre sulla via Vandelli che vediamo inerpicarsi sulla destra e sulla lizza Magnani (sentiero 166) che sale le pendici del monte Cavallo. Poco dopo (12’) sulla sinistra si stacca il sentiero 170 diretto alla Foce delle Vettoline, da cui passa il sentiero 36 che, in alto, si collega con l’itinerario che stiamo facendo. A 19’ incontriamo la casa del Fondo (627m) e dopo 10’ la deviazione a sinistra che seguiamo: essa indica i sentieri 166 e 166 A (indicato anche 166 bis). Iniziamo a salire ripidamente, con bella vista sulla Vandelli che si inerpica a destra e sul sottostante ponte metallico che permette di superare il canal Pianone. A 41’ incrociamo il bivio per il 166, A che prendiamo a sinistra [questo è il reale punto di inizio del sentiero]. Il primo tratto ci porta in pochi minuti (47’) sulla cresta, la lizza Silvia rimane poco più a sinistra, in lontananza c’è il monte Castagnolo e sullo sfondo c’è il mare. Il sentiero in parte segue la vecchia lizza, mentre dove la stessa è più ripida e malmessa, la evita con delle deviazioni. Aggiriamo un poggio, a destra della lizza, e a 1h 04’ ci troviamo sulla lizza stessa. La salita è aspra e faticosa, troviamo, sempre a sinistra, antiche costruzionI, ormai dirute, assaggi di cava e tralicci dell’elettricità. A 1h 54’ c’è un’altra deviazione verso destra che ci permette di evitare un tratto molto ripido e ci fa arrivare (2h 29’) al bivio che a sinistra ci porta alla Foce delle Vettoline. Il sentiero adesso prende il numero 36. Proseguiamo per il lastrone del Piastrone, la pendenza diventa minore e il sentiero a tratti è sulla placca di marmo, di fronte abbiamo Piastra Marina e una costruzione-ricovero dei cavatori, sui fianchi della montagna notiamo ancora molti piri infilati nei loro fori che servivano per trattenere il marmo nel trasporto a valle. A 2h 52’ una corda metallica, piuttosto malmessa, dovrebbe agevolare la salita e dopo pochi minuti (2h 56’) arriviamo a una sella: a sinistra la lizza continua verso le vicine cave del Padulello (1414m), alle pendici del monte Cavallo, che sono state riattivate, a cui si perviene mediante via di cava dalla Focolaccia, a destra si va all’abitazione-ricovero dei cavatori. Ci fermiamo per riposarci all’ombra e per fare due foto, la vista che si gode dalla lizza per il Padulello è veramente molto bella: in particolare sul Monte Sagro, sul Contrario e le case Carpano. La casa dei cavatori è appollaiata in posizione panoramica sui bacini marmiferi di Carrara e sul mare, fino al golfo della Spezia. Dopo la sosta riprendiamo il cammino, seguendo il sentiero a destra della casa che sale ripidamente fino ad arrivare in cresta (3h 18’), da qua la visuale si apre sulla Tambura e il gruppo del monte Sella e, in basso, sulle cave di Piastra Marina e la costruzione dei cavatori dipinta di verde, cui arriva il sentiero 166 (lizza Magnani). A 3h 26’ incrociamo la via di cava che scende alla cava del Padulello, il sentiero continuerebbe sulla roccia di fronte a noi per alcuni metri, ma decidiamo di continuare per la strada di cava, che a destra sale al Passo della Focolaccia e alle relative cave. La salita è faticosa sotto il sole cocente e, finalmente, a 4h 08’ siamo alla costruzione che serve da mensa e da ricovero per i cavatori della cava della Focolaccia, qua ci fermiamo per riposarci all’ombra. Proprio di fronte abbiamo in alto il bivacco Aronte e la coda del monte Cavallo. La zona è stata trasformata pesantemente dall’attività estrattiva e si perviene facilmente a essa con la strada da Gorfigliano, nel versante garfagnino oppure col sentiero 179 da Foce Cardeto, nella zona di Orto di Donna. Dopo 15’ di sosta riprendiamo il cammino e godiamo della visione superba della Punta Carina, presso la coda del Cavallo, e saliamo verso la cava da cui si vede il monte Pisanino. Siamo in pratica alla Focolaccia (04h 30’). Presso un obelisco di marmo troviamo, verso destra, le indicazioni per la Tambura (sentiero 148) dal quale si stacca anche il sentiero 177 per Campocatino e Vagli mentre da parte opposta il sentiero 179 si dirige a Foce Cardeto.
Aspetti di rilievo del sentiero
Resceto
Paese nel comune di Massa a quota 485 metri. Si trova ai piedi della Tambura e del monte Cavallo ed è dominato dalla mole di Piastra Marina. La carrozzabile della bassa Tambura finisce nella piazzetta di questo paesino e continua con la famosa via Vandelli. Il borgo si sviluppò proprio dopo la costruzione della Vandelli e non presenta
particolarità oltre la posizione che è molto panoramica. È un paese di cavatori e di pastori, le case sono costruite di ardesia e brecciame di marmo e la chiesa è dedicata alla
beata Vergine del Carmine. Fino al 2009, durante il mese di Agosto, ogni anno si teneva la rievocazione storica della lizzatura. È nodo strategico per gli escursionisti delle Apuane
massesi, da qua parte il sentiero 35 (via Vandelli) e le diramazioni 166 e 166 A per il rifugio Aronte alla Focolaccia, inoltre la diramazione 170 per la foce delle Vettoline. Poi parte il sentiero 165
per le cave Gruzze o Cruze seguendo il canale dei Vernacchi (nelle cartine IGM dei Piastriccioni) e il sentiero
161 per Castagnolo e Forno.
Via Vandelli
Conosciuta anche come Via della Tambura è percorsa dal sentiero Cai numero 35 che parte da Resceto e termina ad Arnétola. Nel 1738 Maria Teresa Cybo, figlia dello scapestrato
Alderano ed erede del minuscolo ducato di Massa e Carrara, si fidanzò con Ercole Rinaldo d’Este poi Ercole III, figlio del duca Francesco III di Modena, che poi sposò nel 1741.
In questo modo il ducato entrò nell’orbita politica di Modena, anche se solo nel 1829 alla morte di Maria Beatrice d’Este, figlia di Ercole e di Maria Teresa, divenne anche
formalmente territorio modenese. Con questo matrimonio per Modena si aprirono interessanti prospettive commerciali tra cui quella di un porto da costruire a Marina di Carrara. Per
far questo era necessaria una via di comunicazione diretta tra Modena e Massa che attraversasse sia l’Appennino che le Apuane, senza passare per il territorio di altri stati. Fu
così dato incarico all’abate cartografo, ingegnere e matematico di corte Domenico Vandelli di progettare questa strada che da Modena doveva passare per Castelnuovo Garfagnana, Vagli
e Resceto, per arrivare a Massa superando l’Appennino a S.Pellegrino in Alpe e le Apuane al passo della Tambura. Il tracciato apuano, in parte, ricalcò preesistenti e antichissimi
sentieri che esistevano tra Vagli e Massa. L’opera, iniziata nel 1738, fu terminata solo nel 1751 per problemi legati alla guerra di successione austriaca che costrinse Francesco
III a lasciare momentaneamente i suoi possedimenti. La via, nella parte apuana, non fu quella che sarebbe dovuta essere, le pendenze eccessive e i numerosi tornanti, insieme al
fatto che in inverno rimaneva coperta dalla neve la resero poco più di una mulattiera inadatta al passaggio di veicoli a ruota e, inoltre, fu anche infestata dai briganti.
Sicuramente Vandelli fece errori nella progettazione per la scarsa conoscenza geologica dei luoghi e si scontrò con Francesco Maria Colombini ingegnere massese, sicuramente più
competente, ed ebbe la meglio su di lui solo per il rispetto di cui godeva presso la corte estense. Il versante garfagnino della strada, più vicino al passo della Tambura, è stato
devastato dalla costruzione della marmifera per Arnétola ma, salendo, la massicciata è ancora presente, anche se in cattivo stato di conservazione, e porta al passo dopo aver
superato una fonte (ripiano degli Acqui Freddi). Dal passo inizia il tratto massese lungo 6,7 km fino a Resceto per un dislivello di 1100 m. La parte più alta è quella che
maggiormente ha risentito del passare del tempo, mentre quella più bassa è stata restaurata ed è più agevole a percorrersi. Negli ultimi anni sono cresciuti anche molti alberi per
cui a tratti il percorso è all’ombra, ma rimane una discesa (o una salita) aspra e faticosa ripagata dalla bellezza dei panorami. In basso la Vandelli fu anche usata come via di lizza, come testimoniato dai fori e dai piri. Del tratto che scendeva da Resceto a Massa non è rimasto
più niente essendo la vecchia via diventata un’ampia carrozzabile asfaltata.
Casa del Fondo
Anche Ca’ del Fondo. Si trova, superato Resceto, a quota 627 metri. La costruzione è stata sistemata dal Parco delle Apuane, ma è sempre chiusa. Da qua passa la via Vandelli e inizia la via di lizza del Padulello, che si può percorrere più in alto con il sentiero 166 A. Nei pressi,
più in alto, si tiene la rievocazione della lizzatura in agosto operata dai cavatori di Resceto.
Via di lizza del Padulello
Conosciuta anche come via di lizza Pellini, dal nome dell’imprenditore avenzino Filippo Pellini che gestiva le cave del Padulello agli inizi del XX secolo, oppure come via di lizza
Silvia. Dalle cave alla casa del Fondo sono 787 metri di dislivello per 1920 metri di sviluppo, la pendenza è del 15% nel tratto più alto fino a 1300 metri per poi salire a 50-60%
con punte fino al 90%. È considerata la regina delle vie di lizza apuane a causa della pendenza molto forte. Il primo tratto è scavato nella roccia con pendenza non elevata e molti
piri ancora in sede. Poi si raccorda con il sentiero da Forno e dalle Vettoline, in località Argia, a 1250 metri, svolta leggermente a S-E infilandosi nel Fosso del Fondo che
discende con pendenze altissime. A 1000 metri si aprono due piccole cave dette del Pizzarello, L’ultimo tratto raggiunge il 90% di pendenza e arriva alla casa del Fondo. Oggi parte
del tracciato della via di lizza costituisce il sentiero 166 A.
Cave del Padulello
Le cave del Padulello sono situate a 1414 metri, alle pendici del monte Cavallo, nel comune di Massa. Si
perveniva ad esse con la via di lizza del Padulello da Resceto, attualmente le cave sono state riattivate e si arriva a esse da Gorfigliano.
Bivacco Aronte
È situato, nel comune di Massa, a 1642 metri a breve distanza dal Passo della Focolaccia, tra la Tambura e il
monte Cavallo. È dominato dalla Coda del Monte Cavallo e dalla Punta Carina. È raggiungibile da Resceto e da Forno nel versante massese delle Apuane e da Campocatino e da Gorfigliano nel versante garfagnino. Vi
arrivano molti sentieri: il 167 da Forno e Case Càrpano, il 166 e 166 A da Resceto, il 177 da Vagli e Campocatino, il 179 da Foce di Giovo per Foce di Cardeto e il 148 dal Passo
della Tambura. La zona in cui si trova il bivacco è stata completamente modificata dall’attività estrattiva sia nel versante massese che in quello garfagnino, in particolare dagli
anni ’70 del XX secolo. Il nome è quello dell’indovino Aronte citato da Dante nella Divina Commedia (Inferno: Canto XX vv 45-52): “Aronta è quei ch’al ventre lì s’atterga/ che
nei monti di Luni, dove ronca/ lo Carrarese che di sotto alberga,/ ebbe tra’ bianchi marmi la spelonca/ per sua dimora onde a guardar le stelle/ e’l mar non li era la veduta
tronca”).Fu eretto nel 1902 dalla sezione ligure del Cai e fu il primo rifugio costruito sulle Apuane
ed è anche quello a maggior quota.
Attualmente è in uso alla sezione del Cai di Massa che lo ha ottenuto in comodato gratuito per 30 anni. Gli alpinisti genovesi, insieme a quelli fiorentini, furono i
primi a scalare le vette delle Apuane. In questo furono favoriti dalla presenza a Forno di Massa del Cotonificio Ligure, proprietà del genovese Giovanni Battista Figari, amante
della montagna, che volentieri ospitava i conterranei. Inoltre i collegamenti erano buoni: la ferrovia Genova-Pisa con fermata a Massa e la tramvia Massa-Forno. Tra i genovesi si
distinsero Lorenzo Bozano, Emilio Quèsta e Bartolomeo Figari che salirono per primi diverse vette apuane. Nel 1901 il Cai ligure fece richiesta al comune di Massa di 100 mq al Passo
della Focolaccia (comunello di Resceto) per costruirvi un rifugio. La scelta non fu casuale, ma legata all’importanza strategica della zona, nodo di sentieri frequentati da pastori,
uomini delle nevi e uomini del sale. Il 25 maggio 1901 fu dato il consenso e i lavori iniziarono subito, a giugno, su progetto di Carlo Agosto. La struttura è a sesto acuto, un solo
ambiente con cucina a legna e due tavolati sovrapposti per dormire. Le dimensioni sono 4x6 metri e altezza circa 4 metri. I lavori finirono il 2 ottobre 1901 e l’inaugurazione
avvenne il 18 maggio 1902 con la presenza di 46 persone tra cui Bozano, Quèsta e Bartolomeo Figari. Il pastore rescetino Giovanni Conti fu a lungo custode del rifugio e guida per
gli escursionisti, suo successore fu poi il figlio Nello. Il 27 maggio 1928, in ritardo di un anno, furono festeggiati i 25 anni del bivacco con l’inaugurazione di una lapide che
ricorda anche Bozano e Quèsta, entrambi morti in giovane età, il primo di spagnola e il secondo in montagna. Durante la guerra il rifugio fu anche brevemente occupato da soldati
tedeschi. Verso gli anni ’70 iniziò la decadenza, la zona ormai era invasa dalle cave che avevano anche distrutto le antiche fonti di acqua e il Cai ligure non era più interessato
al suo antico rifugio. Questo era ormai tutto scrostato e decrepito e abbandonato al vandalismo. Finalmente nel 1988 il Cai ligure lo cedette alla sezione di Massa in comodato
gratuito per 30 anni e questa provvide a consolidarlo e restaurarlo, esso fu impermeabilizzato, intonacato e reso di nuovo agibile. Il 15 settembre 2002, Anno internazionale della
Montagna, i Cai toscani, emiliani e liguri celebrarono il centenario del rifugio con l’inaugurazione di una lapide ricordo. In effetti nel 2007 la lapide non c’era più, presumo a
causa di atti di vandalismo. Sul retro ci sono altre due lapidi: una marmorea del 1932 in memoria dei morti in montagna e una targa metallica in memoria di Carlo Genoni morto sulle
Apuane nel 1970. Il bivacco è sempre aperto, ma purtroppo esposto agli atti di vandalismo. Nel 2002, in occasione del centenario dell’Aronte , la sezione di Massa del CAI ha pubblicato un opuscolo molto interessante con testi e immagini dal titolo “1902 – 2002 Cento
anni di Aronte ”.
Passo della Focolaccia
Si trova a quota 1650 metri ed è un largo valico tra il monte Cavallo e la Tambura, a confine tra il comune di Massa e quello di Minucciano. È un antico valico che metteva in comunicazione Gorfigliano (Minucciano) e
Resceto (Massa), qua fu costruito il bivacco Aronte nel 1902, primo rifugio sulle Apuane. Con il tempo
la zona è stata devastata dall’estrazione del marmo, facilitata dall’apertura della marmifera da Gorfigliano. Si arriva qua da Resceto con i sentieri 166 e 166 A che sono antiche
vie di lizza e con il 170 attraverso la foce delle Vettoline; da Forno con il 36 (per il Canal Cerignano) e il 167 (da case Càrpano per Forcella di Porta) e da Val Serenaia per la
Foce di Cardeto con il 178 e 179; da Campocatino per il passo della Tombaccia con il 177 e da Gorfigliano per via di cava e con il sentiero 178 che si stacca dalla stessa. Da tempo
l’attività estrattiva in zona è fonte di proteste da parte degli ambientalisti a causa delle trasformazioni che la stessa ha causato, in maniera ormai irreparabile, all’originaria
conformazione del passo, già nel 1991 furono fatti i primi sequestri di cave. Oggi sta crescendo di dimensioni il ravaneto che scende dalle cave nel versante verso Gorfigliano.
Deviazioni e possibilità di escursioni
Il sentiero 166 A permette di fare diverse escursioni connettendosi ad altri sentieri.
Diamo qualche suggerimento, ricordando di partire sempre con buone scorte di acqua e di effettuare i percorsi esclusivamente nella buona stagione:
È possibile effettuare traversate su Val Serenaia dove sono presenti ben tre rifugi, su Campocatino e Arnetola e su Gorfigliano e Gramolazzo. Queste opzioni richiedono però la presenza di un mezzo per tornare alla base di partenza oppure la programmazione di escursioni su più giornate.
Itinerari relativi al sentiero CAI 166A presenti sul sito:
Commento
Il percorso è lungo, faticoso e supera un dislivello notevole per cui richiede un buon allenamento. Le soste sono fisiologiche e sicuramente superiori all’ora
complessiva. È consigliabile partire con una buona scorta di acqua, poiché lungo il percorso non ci sono fonti. Se si percorre l’anello della Tambura troviamo acqua solo al Rifugio Conti.
È preferibile affrontarlo nella buona stagione evitando però le giornate troppo calde, oppure iniziare l’escursione molto presto per evitare per quanto possibile di essere
esposti al sole.
Il sentiero è sufficientemente lungo da permettere un’escursione completa percorrendolo all’andata e al ritorno, come ho detto sopra anche se ritengo preferibile percorrere degli anelli.
Le Apuane massesi sono selvagge per quanto devastate dall’escavazione del marmo e gli itinerari descritti permettono di vedere di persona cosa sta succedendo oltre ad avere
notevoli testimonianze di archeologia industriale (in particolare le due vie di lizza).
Il Rifugio Aronte (cui abbiamo dedicato un articolo) è una storica testimonianza dell’alpinismo
apuano ed era inserito allora in una zona aspra e selvaggia.
I panorami dal passo della Focolaccia sono eccezionali in particolare sulla possente mole del Pisanino,
il re delle Apuane.
Se poi l’escursionista si lascia tentare dall’anello con salita alla Tambura e discesa sulla Vandelli in una sola giornata avrà occasione di conoscere alcune delle zone più rilevanti delle nostre montagne con
panorami eccezionali dalla cresta della Tambura e rare fioriture.
Raccomandiamo però di percorrere questi sentieri solo nella buona stagione: il ghiaccio apuano è molto insidioso e in particolare in questa zona.