(f.f.) il sentiero 36 è lungo e impegnativo, sia per il dislivello che supera che per qualche tratto degradato ed esposto. Offre panorami notevoli ed interessanti scorci di archeologia industriale, ma si sviluppa quasi interamente per vie di cava, compresa discesa finale per Gorfigliano.
SENTIERO 36
Il sentiero è di competenza del Cai sezione di Massa nel tratto Forno - Focolaccia e del Cai sezione di Pisa nel tratto della marmifera da Gorfigliano fino alla Focolaccia. Le due
sezioni curano la manutenzione del sentiero per i tratti di loro competenza.
Il tratto Gorfigliano - Focolaccia è stato aggiunto al sentiero con le modifiche in vigore dal gennaio 2010 decise dal coordinamento delle sezioni apuane del Cai.
Tragitto
Forno casa Biforco (376m) [innesto 167 e 168] - Canale Cerignano – marmifera - innesto 161 - case della Vettolina (ca 1030m) [innesto 170] – innesto 166A - Piastrone (ca1400m) - Piastra Marina [innesto 166] - Passo della Focolaccia (1642m) [innesto 148, 177, 179] - innesto 178 - galleria della marmifera dell'Acquabianca (circa1020m)
I tratti più alti (in salita) sono comuni con i sentieri 166 e 166A e un breve tratto dalla Focolaccia, sulla marmifera, è comune con il 179.
Informazioni sulla zona di partenza
Da Forno località Biforco.
Da Massa si segue via Bassa Tambura in direzione Forno, a 4 Km si incontra Canevara, a 6,5 Km un bivio: a sinistra la strada si dirige a Forno mentre a destra continua per
Gronda e Resceto. Dopo un chilometro raggiungiamo Forno che si sviluppa lungo il torrente e la strada. Superiamo il Pizzo del Cotonificio che si trova di fronte alla ex-Filanda che
oggi ospita un Museo di Archeologia Industriale. Proseguiamo e lasciamo a sinistra un ramo della strada che sale al Vergheto e continuiamo per la strada che diventa adesso strada
marmifera, con numerose curve, tra edifici abbandonati, sempre con il canal Secco sulla destra. A 10 km arriviamo a Biforco, presso uno spiazzo cementato, dove iniziano i sentieri
36, 167 e 168.
Diverse corse portano da Massa a Forno e viceversa e la domenica ce n’è una prima delle 8 per raggiungere il paese montano e una pomeridiana e una serale per tornare a Massa (è comunque bene informarsi alla direzione dell’azienda trasporti locale, oggi ATN).
Dalla marmifera dell'Acquabianca.
Per arrivare a Gorfigliano
Da Castelnuovo Garfagnana si va a Piazza al Serchio (16 km) e poi a Gorfigliano (25 km). Partendo da Aulla si segue la statale per Fivizzano e il Cerreto, superate Rometta e Soliera
(9 km), si devia a destra per Gassano e da qua per Gragnola e poi per Casola (22,5 km), da Casola si va a Borgo San Lorenzo e poi a Minucciano (29,5 km) e, passato il borgo, si
arriva alla galleria, superata la quale, in discesa, si raggiunge Gramolazzo (34,5) in pochi minuti, subito dopo ci sono le indicazioni per Gorfigliano (36 km) deviando verso
destra.
Da Gorfigliano all'inizio del sentiero
Arrivati a Gorfigliano bisogna seguire la strada principale in direzione Vagli Sotto e Campocatino fino alle ben evidenti indicazioni per la Cava dell'Acquabianca. Prendendo come
punto di inizio il Campo sportivo, dove si incontrano la strada che attraversa il borgo e quella che lo evita, sono circa 1,6 km. Dal bivio fino alla galleria servono circa 20' a
piedi. Dal campo sportivo servono, sempre a piedi, circa 50'.
Descrizione del percorso
Il sentiero unisce Forno con il passo della Focolaccia e con la Garfagnana e permette, usando altri sentieri, di effettuare anelli lunghi e impegnativi alle pendici delle Apuane
massesi. Oppure è possibile usarlo per escursioni di più giorni con salita a vette importanti come la Tambura, il Cavallo, il Contrario, il Pizzo d’Uccello e il Pisanino. Questo è facilitato dalla presenza di importanti rifugi in zona (bivacco
Aronte e rifugi di Orto di Donna e Val Serenaia).
Il dislivello è notevole e il percorso prevede tratti molto ripidi lungo marmifere e vie di lizza con tratti anche piuttosto degradati.
Il sentiero permette di rendersi conto di persona di come i paesaggi selvaggi delle Apuane massesi siano stati profondamente modificati dall’attività di escavazione del marmo ancora
molto attiva nella parte alta del percorso presso il passo della Focolaccia che sta producendo un ravaneto imponente visibile nel tratto in discesa in direzione Gorfigliano.
Difficoltà: EE (sentiero difficile) la classificazione dipende dal gran dislivello da superare che richiede buon allenamento, inoltre va considerato che il sentiero è in buona parte esposto al sole. Alcuni tratti sono sconnessi e l’attraversamento di una cava è impegnativo. Naturalmente le difficoltà aumentano con neve e ghiaccio.
Stato del sentiero: il sentiero è ben segnato ed è sempre evidente. Qualche tratto di marmifera è malmesso, ma percorribile. Un tratto in cava richiede l’uso di una corda fissa per superare un dislivello e forse potrebbe essere attrezzato in modo migliore.
Tempi: circa 7h, poco di meno in senso opposto, ma con tratti molto ripidi
Il percorso
Sintesi: Unisce Forno alla Garfagnana, in parte segue vie marmifere. Il tratto iniziale segue la marmifera di canal Cerignano per poi deviare a destra per le cave Bore-Puntello aumentando di ripidità e sviluppandosi in tornanti. Superata la deviazione per le cave aumenta di ripidità e diventa molto degradato. Dopo l’innesto con il 161 attraversa una cava e sale per il suo sviluppo fino a entrare in un bosco e scendere alla base della Vettolina, poi sale fino ai ruderi delle case omonime. Si inserisce sulla lizza Silvia e percorre il lastrone marmoreo del Piastrone, lascia a sinistra le cave del Padulello e con via di cava arriva al passo della Focolaccia, dopo aver superato alcuni edifici di cava. Da qua con via marmifera si scende verso Gorfigliano.
uperato Forno, e trascurata la deviazione a sinistra in salita per la zona del Vergheto, la strada prosegue costeggiando il Canal Secco, tra edifici che testimoniano un’intensa
attività estrattiva ormai passata. Poco prima che la strada finisca ci fermiamo presso uno spiazzo protetto da un muro di cemento con indicazioni dei sentieri 36, 167 e 168.
Superiamo la sbarra posta recentemente a chiudere la zona delle cave e in 5’ troviamo la biforcazione che dà il nome alla zona (Biforco). A sinistra c’è il canal Fondone e in questa
direzione vanno i sentieri 167 e 168. A destra sale il canal Cerignano con a fianco la marmifera che costituisce la prima parte del sentiero 36. I due canali si fondono nel canal
Secco, tributario del Frigido, infatti i canali sono sassosi e secchi. La marmifera serve alcune cave ancora attive in zona e sulla sua destra scorre il sassoso canal
Cerignano.
Saliamo e a 17’ troviamo, verso sinistra, una deviazione per la zona di Cava Romana. Continuiamo a salire per ripidi tratti esposti al sole e a 32’ deviamo a destra, lasciando la
marmifera che segue il canal Cerignano e che prosegue fino alla Cava della Vettolina, dove termina (da essa per tracce è possibile recuperare il sentiero 170 per la Foce
Vettolina).
Il sentiero 36 prosegue per la ripida marmifera di destra e subito c’è una sbarra. Il primo tratto non è molto ripido, ma salendo la ripidità aumenta e la marmifera si sviluppa in
tornanti.
A 57’ troviamo il cartello della cava Bore-Puntello, la ripidità aumenta e anche la strada diventa più degradata. A 01h 20’ sulla destra troviamo il sentiero 161 proveniente
anch’esso da Forno (inizia presso lo slargo della strada al bivio tra Biforco e Vergheto). Questo sentiero prosegue, sempre sulla destra, per Castagnolo e Resceto. Dopo pochi metri
sulla destra c’è una fonte di acqua freschissima, poi continuiamo la marmifera in salita, molto panoramica sul Grondilice e poi sulle Apuane, dal Sagro fino alla Tambura e al Sella. Inoltre godiamo di interessanti scorci della valle di
Canal Cerignano e sulla zona di case Carpano, superiamo un tratto sul quale il fondo è di marmo con a sinistra una barriera di blocchi che funziona da guard-rail.
A 01h 35’ inizia una cava abbandonata dalla quale si diparte verso sinistra un’altra marmifera più dirupata, ben segnata e facile a percorrersi, che porta ad altri tentativi di cava
superiori. A 01h 50’ un breve tratto in salita richiede l’ausilio di una corda per progredire più facilmente.
Continuiamo a salire fino a lasciare la marmifera per un piccolo sentiero a 01h 56’. In parte il sentiero ora si sviluppa in un boschetto, dove sono presenti muretti a secco che
sostengono vecchi piazzali con blocchi di marmo. A 02h 05’ il sentiero scende con un breve tratto addossato alla montagna da fare con attenzione perchè c’è una certa esposizione, in
3’ siamo alla fine di questo tratto impegnativo e dei segni, a destra, mandano decisamente verso la Foce della Vettolina.
Noi continuiamo la traccia segnata nel paleo che arriva a 02h 20’ a un bivio: a destra una deviazione porta in 3’ alla Foce della Vettolina, mentre il 36 prosegue costeggiando
alcuni ruderi, mantenendosi a mezza costa.
A 02h 48’ siamo all’inizio di un erto valloncello erboso ben segnato, anche con paline, il tratto iniziale è a tornanti lunghi scavati nell’argilla che diventano più stretti e
sassosi in alto. Alle nostre spalle il panorama si apre sulla zona di Forno e sul monte Sagro e le cave carraresi.
Segue un tratto di salita meno ripida e a 03h 20’ siamo all’innesto con la lizza Silvia (oggi sentiero 166A).
Proseguiamo per il lastrone del Piastrone, la pendenza diventa minore e il sentiero a tratti è sulla placca di marmo, di fronte abbiamo Piastra Marina e una costruzione-ricovero dei
cavatori, sui fianchi della montagna notiamo ancora molti piri infilati nei loro fori che servivano per trattenere il marmo nel trasporto a valle.
A 03h 43’ una corda metallica piuttosto malmessa dovrebbe agevolare la salita e dopo pochi minuti (03h 47’) arriviamo a una sella, a sinistra la lizza continua verso le vicine cave
del Padulello (1414m) alle pendici del monte Cavallo, che sono state riattivate, ma cui si perviene mediante via di cava dalla Focolaccia, a destra si va all’abitazione-ricovero dei
cavatori.
Ci fermiamo per riposarci all’ombra e per fare due foto, la vista che si gode dalla lizza per il Padulello è veramente molto bella: in particolare sul Monte Sagro, sul Contrario e
le case Carpano. La casa dei cavatori è appollaiata in posizione panoramica sui bacini marmiferi di Carrara e sul mare, fino al golfo della Spezia.
Dopo la sosta riprendiamo il cammino, imboccando il sentiero a destra della casa, che sale ripidamente fino ad arrivare in cresta a 04h 09’, da qua la visuale si apre sulla Tambura
e il gruppo del monte Sella e, in basso, sulle cave di Piastra Marina e la costruzione dei cavatori dipinta di verde, cui arriva il sentiero 166 (lizza Magnani).
A 04h 17’ incrociamo la via di cava che scende alla cava del Padulello, il sentiero continuerebbe sulla roccia di fronte a noi per alcuni metri, ma decidiamo di continuare per la
strada di cava che a destra sale al Passo della Focolaccia e alle relative cave.
La salita è faticosa sotto il sole cocente e, finalmente, a 04h 59’ siamo alla costruzione che serve da mensa e da ricovero per i cavatori della cava della Focolaccia, qua ci
fermiamo per riposarci all’ombra. Proprio di fronte abbiamo in alto il bivacco Aronte e la coda del monte Cavallo.
Salendo la visuale si apre sulla Punta Carina e sul Monte Pisanino.
A 05h 06’ siamo in pratica alla Focolaccia. Qua, presso un obelisco di marmo troviamo verso destra le indicazioni per la Tambura (sentiero 148), dal quale si stacca anche il
sentiero 177 per Campocatino e Vagli, mentre da parte opposta il sentiero 179 si dirige a Foce Cardeto.
Questo tratto è comune con il nostro sentiero. Quindi lo seguiamo portandoci alla marmifera che costeggia le pendici del Cavallo.
A 05h 21' il 179 si stacca verso sinistra diretto alla Foce del Cardeto, continuiamo sulla marmifera e a 05h 36' troviamo, ancora sulla sinistra, il sentiero 178 anch'esso diretto
alla Foce del Cardeto.
Ora ci aspetta la lunga discesa per la marmifera fino alla strada asfaltata per Gorfigliano, che costituisce, in parte, il prolungamento del sentiero 36.
Il primo tratto è molto panoramico sui monti circostanti: Pisanino, Cavallo, Tambura e Roccandagia e permette di renderci conto delle profonde trasformazioni operate dalle cave e,
in particolare, da quello che sta succedendo alla cava ancora attiva della Focolaccia che sta creando un immenso ravaneto sulle pendici che la marmifera percorre.
A 05h 48' una sbarra chiude la strada e subito dopo c’è un primo edificio di cava fatto da blocchi di marmo che domina una vecchia cava sulla destra. Lungo la discesa troviamo altri
edifici di cava e ruderi e qualche deviazione secondaria che tralasciamo, a 06h 06' c'è un altro edificio di marmo abbandonato, dopo 5' un altro con qualche pretesa architettonica e
poco più avanti dei ruderi con a destra uno stradello che trascuriamo e subito dopo un altro stradello, questa volta verso sinistra.
Il percorso è sempre molto ripido in discesa e faticoso ed esposto al sole, solo a tratti è ombreggiato e la discesa si fa meno ripida.
A 06h 32' uno stradello sale a sinistra in direzione di vecchie cave e a 5’ il panorama si apre sul monte Pisanino e le sue vecchie cave, in particolare la panoramica cava
dell’Acquabianca.
A 06h 51’ la marmifera passa presso una vecchia piccola cava che rimane a destra e subito dopo la strada si fa asfaltata.
In meno di 5’ arriviamo a una breve galleria che attraversiamo, terminando quindi il tragitto ufficiale del sentiero a 06h 58'.
Descriviamo il tratto successivo per Gorfigliano e Gramolazzo.
Scendiamo ancora e a 07h 13' siamo sulla strada principale che a destra porta a Campocatino e Vagli Sotto, mentre a sinistra porta a Gorfigliano. Noi scendiamo verso quest’ultimo
paese e a 07h 35’ siamo presso un campo sportivo alla periferia del borgo, prendiamo a sinistra costeggiando un parco nel bosco con un monumento ai caduti e una zona di orti e
baracche.
A 07h 50’ iniziano le prime case del paese che attraversiamo completamente, all’uscita dello stesso a 08h 22’ in alto, sulla sinistra, scorgiamo la vecchia chiesa di Gorfigliano che
domina il borgo, ancora un quarto d’ora di cammino e siamo sulla strada principale che attraversa Gramolazzo
Aspetti di rilievo del sentiero
Forno
È una paese a monte nel comune di Massa, posto a quota 212 metri. Esso si è sviluppato tra le pendici del monte Tamburone e il letto del fiume Frigido, per cui è piuttosto allungato
ed è attraversato dalla strada per le cave. Esso è formato da case a molti piani addossate alla roccia, in particolare due casoni, alla sinistra del fiume, erano le case delle
operaie della Filanda. Esso è compreso tra la valle di Colonnata a ovest, quella di Vinca a nord ed è circondato dalle Apuane: dal Grondilice fino alla Tambura e oltre.
Anticamente era denominato Rocca Frigida per le fredde acque del fiume Frigido che qua ha le sue sorgenti, presso la Filanda, e per la presenza di una Rocca, oggi di incerta
ubicazione. Il paese si sviluppò nel XIII secolo per la lavorazione del ferro che continuò fino al XVI secolo per terminare con l’esaurimento del legname che era necessario per
alimentare i forni di fusione del metallo, tra l’altro da questi forni esso prese la denominazione attuale. Quindi il paese si riconvertì all’agricoltura e alla pastorizia. In
seguito prosperò la fabbricazione dei cappelli di feltro e nella prima metà del 1800 furono aperte le prime cave di marmo, ma lo sviluppo demografico del paese si ebbe con
l’apertura della Filanda.
Forno è tragicamente noto anche per la rappresaglia nazi-fascista del 13 giugno 1944 che fece 75 vittime e che è ricordata da un monumento all’ingresso del paese.
Questo paese è importante come punto di partenza per numerose escursioni, da esso partono il sentiero 169 per le Casette, il 161 per Resceto e salendo di poco il 37 per il canal
Regòllo, il 38 per Foce Luccica e Vinca, il 167 per gli Alberghi, il 168 per canal Fondone e Foce Rasóri e il 36 per
Foce della Vettolina e il Passo della Focolaccia. Inoltre il nuovo sentiero 154 per le Guadine e il sentiero del Bizzarro per le Casette e un sentiero non numerato per Pian dei
Santi.
Biforco
Più correttamente “Casa Biforco” per la presenza di un rudere legato alle attività di estrazione del marmo, si trova a quota 376 metri. È un luogo aspro e selvaggio dove arriva la
via marmifera da Forno. Deriva il suo nome dal fatto che qua la valle si biforca (in salita) nel Canal Fondone a sinistra e nel Canal Cerignano a destra. A Biforco i due canali si
fondono a formare il canal Secco tributario del Frigido, in realtà, comunque, i canali sono sassosi e secchi.
Biforco è punto di partenza per tre sentieri: il 36 che da canal Cerignano, seguendo in parte la marmifera, si dirige a Foce delle Vettoline con molte diramazioni
interessanti, il 167 per la valle degli Alberghi e il 168 per il Canal Fondone e Foce Rasóri.
La zona è ampiamente sfruttata per l’estrazione del marmo con alcune cave ancora attive e in espansione che stanno velocemente mutando la conformazione della zona.
Canal Cerignano
Il canale scende dalla Piastra Marina per confluire, a Biforco, nel Canal Secco. Sotto Càrpano la sua valle è devastata dall’attività estrattiva e dai relativi ravaneti. Anch’esso,
come Canal Secco, è un letto arido di rocce marmoree. La valle è solcata da una marmifera per le cave sovrastanti che, nella parte terminale, costituisce il sentiero 36.
Vettolina
Anche Vettoline. Si trova lungo il sentiero 36 non distante dalla foce omonima. È un alpeggio, ormai abbandonato, sparso di ruderi di casolari di pastori, dette, appunto, case della
Vettolina. Un paio di case poco più in basso, lungo il sentiero 170 verso canal Cerignano, sono ancora in buono stato.
Foce della Vettolina
Anche Foce delle Vettoline. Il nome deriva dal latino vectis: vetta, cima del monte. È una piccola sella a 1050 metri che si trova sul contrafforte che si stacca verso sud dal monte
Cavallo e divide la valle di Forno da quella di Resceto. Vi arriva il sentiero 170 da Resceto per Case Carpano e il 36 da Forno per il Passo della Focolaccia.
Cave del Padulello
Esse sono situate a 1414 metri alle pendici del monte Cavallo nel comune di Massa. Il nome deriva dal latino padulis: padule, palude. Si perveniva a esse con la via di lizza del
Padulello o Silvia o Pellini che iniziava da Resceto, attualmente le cave sono state riattivate e si arriva a esse da Gorfigliano mediante marmifera che in parte costituisce il
sentiero 36.
Via di Lizza del Padulello
Conosciuta anche come via di lizza Pellini, dal nome dell’imprenditore avenzino Filippo Pellini che gestiva le cave del Padulello all’inizio del XX secolo, oppure come via di lizza
Silvia. Dalle cave alla casa del Fondo sono 787 metri di dislivello per 1920 metri di sviluppo, la pendenza è del 15% nel tratto più alto fino a 1300 metri per poi salire a 50-60%
con punte fino al 90%. È considerata la regina delle vie di lizza apuane a causa della pendenza molto forte. Il primo tratto è scavato nella roccia con pendenza non elevata e molti
piri ancora in sede. Poi si raccorda con il sentiero 36 da Forno e dalle Vettoline, in località Argia, a 1250 metri, svolta leggermente a S-E infilandosi nel Fosso del Fondo che
discende con pendenze altissime. A 1000 metri si aprono due piccole cave dette del Pizzarello, L’ultimo tratto raggiunge il 90% di pendenza e arriva alla casa del Fondo. Oggi parte
del tracciato della via di lizza costituisce il sentiero 166A, esso evita il tratto finale dalla casa del Fondo e nel tracciato prevede due deviazioni a destra (salendo) che evitano
i tratti più difficoltosi. L’itinerario è faticoso e lascia senza fiato e costituisce uno dei tratti per effettuare la traversata della Tambura.
Piastrone
È la zona in cui la via di lizza del Padulello è scavata nel marmo 200 metri sopra la confluenza della stessa con il sentiero 36 dalle Vettoline, fino al crinale di Piastra
Marina dove c’è il bivio per le cave del Padulello e il ricovero dei cavatori a destra. Si sviluppa da quota 1357 metri a circa 1400.
Cave di Piastra Marina
Iacopo Ceccarelli fu il primo imprenditore ad aprire cave nella zona di Piastra Marina nel 1866, la zona era allora conosciuta come Pania Tonda o Serra del Piastrone. Poi nel 1868
cedette i diritti a Luigi Magnani. Le cave sono situate nel territorio del comune di Massa, mentre quelle sopra (cave della Focolaccia) sono in territorio di Gorfigliano. L’attività
estrattiva è in pieno svolgimento, anche se alcune cave risultano ormai dismesse. Dall’edificio di servizio delle cave, di un bel verde squillante, sale una marmifera fino al passo
della Focolaccia, inoltre da esso scende il sentiero 166 per Resceto lungo la via di lizza Magnani o della Focolaccia.
Guglia di Piastra Marina
È uno slanciato torrione carbonatico (alto 1225 metri) che si stacca dal Piastrone e si alza per 150 metri. Essa è interessante per i rocciatori ed è conosciuta anche come Punta
Andrea del Sarto, dal nome di uno dei primi scalatori. È ben visibile dal sentiero 166 che gli passa abbastanza vicino.
Bivacco Aronte
È situato, nel comune di Massa, a 1642 metri a breve distanza dal Passo della Focolaccia, tra la Tambura e il monte Cavallo. È dominato dalla Coda del Monte Cavallo e dalla Punta
Carina. È raggiungibile da Resceto e da Forno, nel versante massese delle Apuane, e da Campocatino e da Gorfigliano nel versante garfagnino. Vi arrivano molti sentieri: il 36 da
Biforco o da Gorfigliano, il 167 da Forno e Case Càrpano, il 166 e 166 A da Resceto, il 177 da Vagli e Campocatino, il 179 da Foce di Giovo per Foce di Cardeto e il 148 dal Passo
della Tambura. La zona in cui si trova il bivacco è stata completamente modificata dall’attività estrattiva sia nel versante massese che in quello garfagnino, in particolare dagli
anni ’70 del XX secolo.
Il nome è quello dell’indovino Aronte citato da Dante nella Divina Commedia (Inferno: Canto XX vv 45-52): “Aronta è quei ch’al ventre lì s’atterga/ che nei monti di Luni, dove
ronca/ lo Carrarese che di sotto alberga,/ ebbe tra’ bianchi marmi la spelonca/ per sua dimora onde a guardar le stelle/ e’l mar non li era la veduta tronca”).Fu eretto nel
1902 dalla sezione ligure del Cai e fu il primo rifugio costruito sulle Apuane ed è anche quello a maggior quota. Attualmente è in uso alla sezione del Cai di Massa che
lo ha ottenuto in comodato gratuito per 30 anni. Gli alpinisti genovesi, insieme a quelli fiorentini, furono i primi a scalare le vette delle Apuane. In questo furono favoriti dalla
presenza a Forno di Massa del Cotonificio Ligure, proprietà del genovese Giovanni Battista Figari, amante della montagna, che volentieri ospitava i conterranei. Inoltre i
collegamenti erano buoni: la ferrovia Genova-Pisa con fermata a Massa e la tramvia Massa-Forno. Tra i genovesi si distinsero Lorenzo Bozano, Emilio Quèsta e Bartolomeo Figari che
salirono per primi diverse vette apuane. Nel 1901 il Cai ligure fece richiesta al comune di Massa di 100 mq al Passo della Focolaccia (comunello di Resceto) per costruirvi un
rifugio. La scelta non fu casuale, ma legata all’importanza strategica della zona, nodo di sentieri frequentati da pastori, uomini delle nevi e uomini del sale. Il 25 maggio 1901 fu
dato il consenso e i lavori iniziarono subito, a giugno, su progetto di Carlo Agosto. La struttura è a sesto acuto, un solo ambiente con cucina a legna e due tavolati sovrapposti
per dormire. Le dimensioni sono 4x6 metri e altezza circa 4 metri. I lavori finirono il 2 ottobre 1901 e l’inaugurazione avvenne il 18 maggio 1902 con la presenza di 46 persone tra
cui Bozano, Quèsta e Bartolomeo Figari. Il pastore rescetino Giovanni Conti fu a lungo custode del rifugio e guida per gli escursionisti, suo successore fu poi il figlio Nello. Il
27 maggio 1928, in ritardo di un anno, furono festeggiati i 25 anni del bivacco con l’inaugurazione di una lapide che ricorda anche Bozano e Quèsta, entrambi morti in giovane età,
il primo di spagnola e il secondo in montagna. Durante la guerra il rifugio fu anche brevemente occupato da soldati tedeschi. Verso gli anni ’70 iniziò la decadenza, la zona ormai
era invasa dalle cave che avevano anche distrutto le antiche fonti di acqua e il Cai ligure non era più interessato al suo antico rifugio. Questo era ormai tutto scrostato e
decrepito e abbandonato al vandalismo. Finalmente nel 1988 il Cai ligure lo cedette alla sezione di Massa in comodato gratuito per 30 anni e questa provvide a consolidarlo e
restaurarlo, esso fu impermeabilizzato, intonacato e reso di nuovo agibile. Il 15 settembre 2002, Anno internazionale della Montagna, i Cai toscani, emiliani e liguri celebrarono il
centenario del rifugio con l’inaugurazione di una lapide ricordo. Nel 2002, in occasione del centenario dell’Aronte, la sezione di Massa del CAI ha pubblicato un opuscolo molto
interessante con testi e immagini dal titolo “1902 – 2002 Cento anni di Aronte”.
Via di lizza della Focolaccia
Detta anche via di lizza di Magnani o del Pianone. Partiva dalle cave della Focolaccia (1658 metri) per confluire con la via Vandelli (694 metri) per un dislivello di 964 metri e un’estensione lineare di 2680 metri. Costituiva anche parte del collegamento tra Resceto e Gorfigliano.
Iniziava dalla zona del passo e scendeva per il canale Fecoraccia o canal Pianone che inizialmente seguiva a sinistra. La parte alta è stata distrutta a causa dell’escavazione e
dell’apertura di nuove cave e di vie marmifere. Da 1300 metri circa segue la destra del canale e supera due spuntoni rocciosi a 900 metri e poco sotto per poi scendere verso la
Vandelli. Oggi parte di essa costituisce il sentiero 166, dal quale si stacca, a circa 1100 metri, il 163 che si innesta con la via Vandelli. Il fondo disastrato ne fa oggi un
sentiero difficoltoso.
Passo della Focolaccia
Si trova a quota 1650 metri ed è un largo valico tra il monte Cavallo e la Tambura, a confine tra il comune di Massa e quello di Minucciano. È un antico valico che metteva in
comunicazione Gorfigliano (Minucciano) e Resceto (Massa), qua fu costruito il bivacco Aronte nel 1902, primo rifugio sulle Apuane. Con il tempo la zona è stata devastata
dall’estrazione del marmo, facilitata dall’apertura della marmifera da Gorfigliano. Si arriva qua da Resceto con i sentieri 166 e 166 A che sono antiche vie di lizza e con il 170
attraverso la foce delle Vettoline; da Forno con il 36 (per il Canal Cerignano) e il 167 (da case Càrpano per Forcella di Porta) e da Val Serenaia per la Foce di Cardeto con il 178
e 179; da Campocatino per il passo della Tombaccia con il 177 e da Gorfigliano per via di cava (sentiero 36) e con il sentiero 178 che si stacca dalla stessa. Da tempo l’attività
estrattiva in zona è fonte di proteste da parte degli ambientalisti a causa delle trasformazioni che la stessa ha causato, in maniera ormai irreparabile, all’originaria
conformazione del passo. Inoltre sta crescendo di dimensioni il ravaneto che scende dalle cave nel versante verso Gorfigliano.
Cave dell'Acqua Bianca
Cave ormai abbandonate alle pendici del monte Pisanino. Estremamente panoramiche per la loro conformazione a gradini, possono essere ammirate dalla marmifera che scende dal passo
della Focolaccia (sentiero 36).
Marmifera dell'Acqua Bianca
È la lunga strada, asfaltata solo nella parte bassa, che dalla zona sotto Gorfigliano porta alle cave della Focolaccia. In buona parte costituisce il sentiero 36 per Forno. Permette
di ammirare le cave della zona dell’Acqua Bianca, tra cui quella omonima e, più in alto, si apre sulla Roccandagia, sulla Tambura, sul Cavallo e sulla cava della Focolaccia che sta
profondamente modificando il paesaggio con il suo ravaneto. Lungo il percorso ci sono diversi vecchi edifici di cava caratteristici e ormai in disuso e degrado. Percorrendola si
perviene ad incontrare i sentieri 178 e 179.
Valle dell'Acqua Bianca
Anche Acquabianca. Il fosso dell’Acqua Bianca è tributario del lago di Gramolazzo e quindi del Serchio e passa presso Gorfigliano. La segheria omonima si trova alla confluenza delle
marmifere locali, tra cui ricordiamo quella che viene dalla Focolaccia (sentiero 36). Viene chiamata Valle dell’Acqua Bianca la zona sotto il versante est del Pisanino e delimitata
dal monte Cavallo fino al paese di Gorfigliano. Le cave locali (bacino omonimo) sono state aperte all’inizio del 1900 dando stimolo allo sviluppo del piccolo borgo di Gorfigliano
che era preesistente. In zona esisteva anche una ferrovia marmifera, poi smantellata, che trasportava il marmo dai bacini più alti fino a Gramolazzo. Oggi alcune cave sono inattive
mentre altre sono ancora funzionanti (cava Bacolaio, cava Freddia, cava Pungitopo). In alto alla valle, sotto le pendici del Cavallo, passa il sentiero 179 per il passo della
Focolaccia e il 178 per la marmifera.
Gorfigliano
È la frazione più grande del comune di Minucciano. Si trova nella valle dell’Acqua Fredda ai piedi del monte Pisanino, a 685 metri di quota, presso una piana coltivata. In passato
era un paese di agricoltori, pastori e boscaioli, mentre oggi la principale attività economica è l’estrazione del marmo dalle pendici dei vicini monti Pisanino, Tambura, Roccandagia
e Cavallo, ma la forte emigrazione ha molto spopolato il borgo. Il paese è conosciuto sin dall’VIII secolo e si era sviluppato a 730 metri di quota più a nord della posizione
attuale attorno a un castello sul quale fu poi edificata l’antica chiesa di S. Giusto e S. Clemente. In seguito il paese si espanse a valle e, in seguito al terremoto del 1920, la
chiesa crollò e la zona circostante fu abbandonata. Dal 1933 fu ricostruita più in basso una chiesa parrocchiale omonima a quella distrutta. Comunque quest'ultima, detta la Chiesa
Vecchia, a iniziare dal 1983, fu restaurata da un gruppo di volonterosi e oggi è tornata all'originario splendore ed è situata in una posizione particolarmente panoramica sul lago
di Gramolazzo. Il complesso dove si trova la chiesa ospita, dal 2009, il Museo dell'Identità dell'Alta Garfagnana intitolato a Olinto Cammelli dove sono raccolti oggetti di lavoro
del passato. Salendo per sterrate e marmifere si arriva alle pendici est e nord del Pisanino per intraprendere scalate molto interessanti particolarmente in inverno. Inoltre è
possibile portarsi alle numerose cave della zona e, tramite il sentiero 36, al Passo della Focolaccia e alla Foce di Cardeto. Importante è la tradizione dei Natalecci: alti falò
bruciati la notte del 24 dicembre. In loco si venera la Madonnina dei Cavatori (vedi).
Deviazioni e possibilità di escursioni
Il sentiero 36 permette di fare escursioni molto interessanti. Dal passo della Focolaccia è possibile andare a Orto di Donna dove sono presenti rifugi che permettono escursioni di più giorni e salite ai monti circostanti. Per le escursioni di un giorno ricordiamo:
Itinerari relativi al sentiero CAI 36 presenti sul sito:
Commento
Questo sentiero attraversa zone selvagge, ma ormai devastate dall’escavazione del marmo. Esso quindi permette di avere notevoli testimonianze di archeologia industriale oltre a
testimonianze di attività in corso anche piuttosto devastanti. Notevoli sono i panorami in particolare nella parte finale del sentiero.
Notevoli sono poi le opportunità offerte all’escursionista di salire a vette di grande bellezza delle Apuane settentrionali e di passare due o tre giorni in una delle zone più
belle delle nostre montagne.
Raccomandiamo però di percorrere questo sentiero solo nella buona stagione: il ghiaccio apuano è molto insidioso e in particolare in questa zona.