Oggi Vinca è un borgo silenzioso con meno di 200 residenti ed è divenuto rifugio prediletto di intellettuali, pensatori e – in ogni caso – di gente amante della pace, degli spettacoli naturali, degli immensi spazi incontaminati, di aria libera e di libero pensiero come sempre è stata Vinca e la sua gente[1].
Celso BATTAGLIA
(f.f.) Vinca è importantissimo nodo di sentieri delle Apuane Settentrionali ed è un borgo molto bello e carico di storia. Arrivò quasi a duemila abitanti
nella prima parte del XX secolo, ma ormai è in lento, quanto immeritato, declino. Penso che potrebbe essere rivalutata dal punto turistico.
VINCA
Vinca in Val di Magra. Castello con Chiesa Parrocchiale (S. Andrea) nella Comunità Giurisdizione e circa 8 miglia a ostro di Fivizzano, Diocesi
di Pontremoli, già di Luni-Sarzana, Compartimento di Pisa. È questo uno de’ paesi più alti del territorio fivizzanese, mentre Vinca risiede sul fianco settentrionale, alquanto sotto
la cima del marmoreo Monte Sagro, sopra le sorgenti del Lucido, appellato di Vinca a distinzione del Lucido
d’Equi che scende più a levante dall’Alpe Apuana, detta il Pizzo di Uccello[2].
È un borgo abbastanza grande del comune di Fivizzano. Si trova a 808 metri di quota, nell’alta valle omonima formata dal Lucido (ramo di Vinca), in posizione soleggiata, alle falde occidentali (cresta Nattapiana) del Pizzo d’Uccello che, visto dal paese, appare schiacciato dalla prospettiva.
La cresta Garnerone, il Grondilice ed il Sagro, che si trova a sud, la circondano completamente mentre a nord-ovest si sviluppa la valle percorsa da strada asfaltata proveniente da Ponte di Monzone e che costeggia il torrente per lasciarlo negli ultimi tre chilometri, prima del paese, costituiti da dodici ripidi tornanti.
Conduce a Vinca, da poco, una strada rotabile che sale dal Ponte di Monzone, seguendo la riva sinistra del Torrente Lucido di Vinca, e, quando l’abbandona, presso la stazione
teleferica per i marmi del Balzone sul Sagro, essa s’arrampica tortuosa fino a guadagnare la quota di circa m. 900. La strada par tracciata e fatta per mostrare un piccolo lembo
dell’inferno dantesco. Vinca non si vede mai, solo quando si ha l’illusione di essere tra le nuvole, v’appare il primo gruppo di case che spaurito par voglia fuggir a guadagnare il
Pizzo d’Uccello, il quale si drizza nudo ed acuto a far da pilastro all’azzurra volta del cielo apuano[3].
Da questa strada asfaltata se ne dirama un’altra che avrebbe dovuto collegare il paese con le cave del Sagro[4] e con Campocecina permettendo comunicazioni più semplici con Carrara, questa strada non fu terminata.
Inoltre da essa si dirama uno stradello nel bosco (la via dei tedeschi) in direzione della foce di Vinca, costruita per motivi militari durante la seconda guerra mondiale: anche questa è interrotta.
Il paese fu teatro, nella seconda guerra mondiale, di un eccidio nazi-fascista che provocò 174 vittime in maggioranza donne, vecchi e bambini. Nel cimitero c’è un monumento a ricordo della strage.
Il paese è circondato da quello che resta dei castagneti secolari, testimonianza della cultura della castagna. Molto diffusa era anche la pastorizia e, in epoca moderna, l’estrazione del marmo. Oggi le quasi nulle opportunità di lavoro hanno ridotto la popolazione a poco più di cento persone che aumentano nella buona stagione più che per turismo per il ritorno degli antichi abitanti desiderosi di tornare nel paese natio, ma il paese è purtroppo in decadenza.
Il paese è oggi famoso in tutta la provincia per il famoso pane di Vinca vanto della sua popolazione. Esso è prodotto con farina integrale ed è cotto in forni a legna, è scuro ed ha, generalmente, forma rotonda ed è commestibile per un’intera settimana. Attualmente sono rimasti solo due forni a produrlo.
Oggi Vinca è importante nodo sentieristico e base di partenza per escursioni e scalate alle vicine montagne, come diremo più avanti. È presente anche un rifugio: il CLES di Vinca aperto su prenotazione.
STORIA
Narra la tradizione, che alcuni Liguri Apuani per sfuggire all’accerchiamento dei romani si rifugiassero sul monte Sagro, dal quale, impiegando otto giorni, passassero poi sotto
il Pizzo d’Uccello dove si diedero a coltivare poche piane di terreno ed allevare pecore e capre[5].
Alcune leggende fanno risalire l’origine di Vinca ai Liguri-Apuani sconfitti dai romani e costretti a rifugiarsi sulle montagne più impervie. Per altre storie, invece, furono gli abitanti di Luni che qua cercarono un luogo più salubre e più sicuro dove vivere durante il periodo delle invasioni barbariche.
Di sicuro c’è che verso il 1000 Vinca, insieme ad Equi e Monzone, apparteneva ai Malaspina di Fivizzano e di questa famiglia seguì le complesse vicende e successive suddivisioni delle loro proprietà. Vinca non fu mai sede di rocche o castelli e rimase sempre un centro secondario nella storia feudale lunigianese.
Nel 1418 Vinca, insieme ad alcuni borghi vicini, si offrì spontaneamente alla protezione ed al dominio della Repubblica di Firenze e della dominazione fiorentina rimane qualche segno nella chiesa parrocchiale dedicata a S. Andrea apostolo ed in alcune abitazioni.
Gli abitanti di Vinca furono a lungo in contrasto con quelli di Forno di Massa, sudditi dell’allora Marchese di Massa, per motivi di pascolo nella zona di confine tra Foce Rasori e Foce di Navola tanto che esiste una lettera[6] scritta da Niccolò Machiavelli a questo riguardo.
Infatti il 7 marzo 1512 (1511 stile fiorentino[7]) Niccolò Machiavelli, in qualità di segretario del gonfaloniere perpetuo Piero Soderini, scrisse una lettera al commissario della Repubblica fiorentina in Castiglione del Terziere (Bagnone), al cui capitanato Vinca apparteneva, riguardo a questo problema di confini. La zona contesa era allora detta dell’Alpe Rotaja. In questa lettera Machiavelli non escludeva l’uso della forza per proteggere i vinchesi.
... gli uomini di Forno, per mostrar di avere piena ragione in detta Alpe vi sono venuti, e vengono tutto dì a fare ogni ingiuria a' nostri uomini di Vinca , e occupare per forza i terreni loro, e dare delle busse, e mazzate a' nostri uomini, e volere occupare i terreni loro con questi sinistri modi, che non ci pajono nè giusti, né ragionevoli, né cose da volere vicinar bene; e noi non siamo per mancare a' nostri uomini di ogni giusto favore per conservazione delle ragioni, e giurisdizione loro, perché così richiede la sviscerata fede hanno portato , e portano a questa Eccelsa Repubblica...
... ma voglino gli uomini sua di Forno fare di fatto, e usare forza, e violenza a' nostri uomini, come hanno fatto più volte, in questo, caso, perché vim vi repellere licet, adoprerai Gianesino capo del Battaglione di Castiglione insieme con la compagnia sua per non lasciare sopraffare gli uomini nostri di Vinca fuora del giusto, e ragionevole...
Vinca seguì poi i destino di Fivizzano che, a sua volta, nel 1477 entrò nello stato fiorentino. Dopo le vicende legate alla rivoluzione francese nel 1815 Vinca tornò al granducato di Toscana e, in seguito al trattato di Firenze del 1844, passò al ducato di Modena non senza resistenze da parte della popolazione che non accettava il passaggio da un regime mite e bonario come quello lorenese ad un regime dispotico come quello degli Asburgo-Este. A Fivizzano la rivolta fu repressa nel sangue con morti e feriti.
L’ECCIDIO
Il paese di Vinca fu teatro, nella seconda guerra mondiale, di un terribile eccidio[8] nazi-fascista che provocò 174 vittime[9] in maggioranza donne, vecchi e bambini. L’eccidio durò ben quattro giorni: dal 24 al 27 agosto 1944. Ventisei delle vittime avevano meno di 14 anni e sette meno di un anno, compreso un feto strappato al ventre della madre uccisa. Nel cimitero c’è un monumento a ricordo della strage.
A Vinca i tedeschi, utilizzando l’organizzazione Todt ed il lavoro forzato di operai rastrellati, stavano costruendo una strada per la Foce di Navola che doveva essere fortificata contro l’avanzata delle truppe alleate. Il 7 giugno 1944 i partigiani attaccarono i pochi militari tedeschi di guardia ai lavori e come conseguenza i tedeschi si ritirarono lasciando libero il paese. Dopo qualche settimana il paese fu circondato dai tedeschi, ma il dialogo ragionevole tra gli abitanti e l’ufficiale tedesco evitò il peggio.
L’assalto ad un automezzo tedesco, il 18 agosto, lungo la strada Monzone-Vinca con l’uccisione di un ufficiale tedesco divenne, però, il pretesto per la strage che rientrava nel disegno generale di intimorire la popolazione civile in un momento in cui, comunque, la guerra era ormai perduta.
Il comando della XVI Panzer Grenadier Division RF SS, riunito a Massa, pianificò la rappresaglia che fu comandata dal maggiore Walter Reder[10] con i suoi SS coadiuvati da un centinaio di brigatisti neri[11] di Carrara: i cosiddetti "Mai Morti".
Questi ultimi guidarono le SS per i nascondigli, che ben conoscevano, nei boschi e per i canaloni dove la gente si era rifugiata ed infatti la maggior parte delle vittime si ebbe fuori dell’abitato dove erano rimasti solo vecchi ed invalidi.
Il 24 agosto di primo mattino i criminali bloccarono l’accesso al paese ed iniziarono ad uccidere e poi saccheggiarono e bruciarono le case. La sera scesero a Monzone portandosi dietro don Luigi Janni parroco di Vinca col padre ed altri due uomini. Essi furono poi uccisi al ponte di S. Lucia a Monzone.
Il giorno seguente molti degli scampati, poiché rifugiati altrove, tornarono in paese, pensando che il peggio fosse passato, per cercare cibo e seppellire i morti, ma tornarono i nazi-fascisti e fecero ancora più vittime del giorno precedente ed estesero il rastrellamento a tutte le zone vicine.
Intanto un gruppo, arrivato ad Orto di Donna, passò per il Giovo e si congiunse ai camerati uccidendo chi trovava per la sua strada. La sera le belve dormirono in paese.
Il 26 i nazi-fascisti furono impegnati dai partigiani nella zona del Sagro e lasciarono il borgo, infine il 27 ci furono le ultime vittime causate da un gruppo di tedeschi che veniva da Colonnata, ma che non scese in paese.
Una testimonianza riporta che le belve avevano un organetto che facevano suonare mentre uccidevano le vittime passando di casa in casa, situazione questa simile ad altre stragi perpetrate in zona.
ATTIVITÀ DEI VINCHESI
Gli abitanti nel 1551 erano 426, nel 1745 erano 340 e nel 1833 erano 438 per aumentare progressivamente a circa mille alla fine del secolo XIX.
Le principali attività dei vinchesi furono la pastorizia, l’allevamento del bestiame, la filatura, la tessitura ed il commercio.
Come curiosità riporto il seguente brano di Repetti dall’opera prima citata, dalla voce Fivizzano:
Tra i frutti di terra che non hanno d’uopo di cultura, meritano di essere ricordati, per il lucro che essi forniscono, i prugnoli[12], specialmente di Vinca, nelle di cui montuose praterie nascono copiose e fragranti prugnolaje.... che quel comunello suole
annualmente mandare all’incanto....
Con duro lavoro e fatica furono terrazzate le piane con muri a secco ed esse furono destinate all’agricoltura di sussistenza, alla pastorizia ed alla coltivazione del castagno.
La pastorizia aveva portato alla costruzione di rifugi a capanna fatti di muri a secco con tetto ricoperto di piastre diffusi tra la zona del Sagro e l’intera valle di Vinca. Ne rimangono ruderi importanti al Giovo ed ai capannelli del Sagro.
All’attività della pastorizia era poi legata la pratica della transumanza a causa dei rigidi inverni vinchesi. I luoghi della transumanza erano in lucchesia e nel pisano dove poi alcuni vinchesi si trasferirono diffondendo in quelle terre i cognomi locali: Battaglia, Colonnata, Mariani, Giananti, Giuntoni, Quartieri.
Nei primi anni del 1900 iniziò, ad opera della Walton, l’estrazione del marmo dalle cave del Sagro e del Borla che ebbe un notevole incremento nel 1927 con l’inaugurazione della teleferica del Balzone. Gli abitanti del borgo raggiunsero la bella cifra di 1500. Negli anni 50 la teleferica ebbe vari guasti e fu deciso di costruire la strada asfaltata da Campocecina per il piano che portò via il lavoro ai vinchesi e favorì il declino del paese stimolando l’emigrazione in massa anche all’estero.
La pastorizia si è drasticamente ridotta: dai cinquanta pastori del dopoguerra ai dieci degli anni settanta fino alla totale scomparsa ai nostri giorni.
VINCA E L’ESCURSIONISMO
Oggi il paese è importante nodo sentieristico e base di partenza per escursioni e scalate al Pizzo d’Uccello, alla cresta Garnerone, al monte Grondilice e al monte Sagro.
Qua arriva il sentiero 39 (Equi-Torano la Piastra). Iniziano: il 38 per Colonnata, il 175 per Foce di Giovo, il 190 per la Foce Lizzari e la ferrata Zaccagna. È presente anche un rifugio: il CLES di Vinca aperto su prenotazione.
Sentiero 38
Colonnata (532m) – innesto 169 - Case del Vergheto (850m) – innesto 48 (rinominato 195) - Foce Luccica (1029m) innesto 172 - Foce di Vinca (1333m) innesto 173 - La Prada innesto 173 A (con la nuova numerazione diventa solo 173) – Maestà di Doglio (ca 900) innesto 175 - Vinca (808m).
Lungo sentiero che unisce i due paesi situati da parte opposta rispetto al gruppo del Sagro. Il percorso inizia prima della piazzetta principale di Colonnata, devia a destra per una strada asfaltata che porta ad un Oratorio, poi essa diventa sentiero che costeggia il Canale del Vento in cui scorre il relativo torrente. Supera il canale su un ponticello ed inizia a salire nel castagneto fino ad arrivare ad una piana, che fa parte del Pianello, da cui raggiunge il Vergheto, invece curvando a destra si può andare a Forno o alle Casette. Attraversato il borgo, e lasciato a destra il sentiero 48 (rinominato 195) per la Cima d’Uomo, il sentiero prosegue, costeggiando il bosco e, più in alto, una zona ricca di ginestroni, fino a Foce Luccica. Poi costeggia le cave dello Spallone, la Casa dei Pisani e quella dei Macchinari (o al Riccio), poi le Bore del Sagro. Passata la foce di Vinca il percorso continua per il paese. Dal raccordo con il 173A (con la nuova numerazione diventa solo 173) il sentiero diventa uno stradello piuttosto largo e ghiaioso che porta in pochi minuti ad una casa restaurata in posizione panoramica sul monte Sagro da cui, poco dopo, entra nel bosco. Poi costeggia le case dei Fiorentini (una struttura campeggio in abbandono) e dopo mezz’ora arriva alla Maestà di Doglio. Una parte del tratto dalla Maestà di Doglio è uno stradello detto strada dei Tedeschi.
Sentiero 39
Torano La Piastra (267m) – Ravaccione (ca 430m) - La Conca - Boscaccio - Foce Pianza (1279m) innesto 173 – innesto 174 - La Stretta - Vinca (808m) innesto 175 e 190 – Àiola (336m) innesto 11 TL - Equi Terme (284m).
Da Equi il sentiero supera il ponte principale diretto al borgo e l’edificio che sarà la Porta del Parco e subito dopo attraversa il torrente Fagli su un ponte a schiena d’asino. Dopo pochi metri ritrova la strada e subito dopo entra in un castagneto per una mulattiera che porta fino al cimitero di Àiola e poi al borgo diviso in due nuclei. Giunti alla chiesa, sita nel secondo nucleo, il sentiero prende a sinistra mentre a destra il TL prosegue in discesa verso Monzone. Il paese termina subito dopo ed in sentiero entra nel bosco di castagni dove inizia a salire. Supera un primo bivio per l’Eremo di S. Giorgio, poi supera i ruderi del Castellaccio e più avanti la vegetazione si dirada, passa per una passerella d’acciaio ed arriva ad una maestà presso la seconda deviazione per l’Eremo. Vicino troviamo la Casa S. Giorgio e dopo un tratto molto bello abbarbicato alle pendici del monte arriva alla Madonna Vecchia di Vinca dopo la quale rientra nel bosco. Dopo aver superato altre due maestà arriva ad una chiesa in restauro e subito dopo alla strada, attraversa Vinca, riprende la strada asfaltata fino ad entrare nuovamente nel bosco. Il sentiero poi arriva ad un ponte sul Lucido ed inizia a salire. Alcuni tratti sono attrezzati con corda metallica e sono addossati al monte, da qua passavano i cavatori per andare a lavorare alle cave del Sagro e del Borla. Presso il passo dello Zappello il sentiero esce dal bosco ed inizia la discesa, inizialmente molto panoramica sul Pizzo e Vinca poi esso diventa una larga marmifera che porta alle case Walton ed a Foce di Pianza da cui è possibile scendere a Torano.
Sentiero 175
Vinca (808m) - Maestà di Canale Doglio (ca900m) bivio sentiero 38 – Capanne del Giovo (ca1250m) – tracce innesto 191 – innesto 37 - Foce di Giovo (1500m).
Antica via di comunicazione con la valle di Orto di Donna e da qua con la Garfagnana. Fino alla Maestà il tracciato è comune con il 38. All’inizio, dopo la strada, si entra in un castagneto, poi si passa per una lastronata di roccia con la forra e le marmitte del canale Doglio. Poco dopo c’è la maestà e poi si entra nel castagneto che, in alto, diventa un bosco di conifere. Superata una fonte si arriva all’aperto nella zona delle Capanne da cui l’ultimo tratto di salita porta alla Foce.
Sentiero 190
Vinca (808m) - Foce Lizzari (1265m) raccordo 191 – sentiero attrezzato Domenico Zaccagna - Cantonaccio - Casa dei Vecchi Macchinari (897m) - raccordo ferrata Tordini-Galligani (ca 990m).
Dalle ultime case del paese si sale per un bosco fino alla foce. Qua esistono varie possibilità, tutte piuttosto impegnative:
Lizza del Balzone
Operativa dal 1887 fu fatta costruire dalla ditta Walton. Sotto il Balzone partiva una via di lizza diretta allo sbocco della valle di Canalonga tra Monzone e Vinca destinata a portare a valle il marmo del Sagro e del Borla. Il tratto dalle cave è molto tranquillo ed era percorso da trattrici, la vera via di lizza così denominata inizia da quota 940 metri alla quale oggi è possibile arrivare facilmente con una deviazione del sentiero 39 partendo da Foce di Pianza. Si scende a destra, per un orrido canale compreso tra il Balzone e la rupe panoramica, ci si può aiutare con un cavo piuttosto arrugginito. Segue il tratto intagliato direttamente nel monte, molto esposto, ma piuttosto largo, pulito e con fori per i piri della lizzatura e segni molto evidenti lasciati dalla corde d’acciaio durante la discesa dei blocchi di marmo. Segue un tratto con un po’ di vegetazione ed un altro in cui la vegetazione è molto sviluppato verso il tratto esposto ed un tratto in cui la via è franata ed occorre aiutarsi con le mani, ma qua non c’è esposizione e la via curva a sinistra entrando nel bosco. Scende per sfasciumi e poi, superato un canale secondario, continua a destra sempre nel bosco con discesa molto ripida fino al greto del canale principale con molte corde giganti di acciaio. Il dislivello diminuisce ed il tratto finale è allo scoperto e, con una curva decisa a destra, si dirige verso il ponte di putrelle sul Lucido presso l’inizio del tratto a tornanti per Vinca. Il percorso è lungo circa 2,5 km, è ben segnato con segni rossi e facilmente percorribile, ma da evitarsi con pioggia, neve e ghiaccio. È possibile percorrere interessanti percorsi ad anello, partendo dal Ponte sul Lucido tornare a Vinca col sentiero 39, oppure scendere a Monzone e risalire per la strada asfaltata.
Capanne di Giovo
Scendendo da Foce di Giovo lungo il sentiero 175 si attraversa una zona di ruderi (quota ca 1250m): sono le Capanne di Giovo, un antico insediamento pastorale. Presso i ruderi, all’inizio del bosco c’è una bella fonte presso un gruppo di ciliegi.
Foce di Vinca
È situata a quota 1333 metri e serve come via di comunicazione tra Vinca e Colonnata. La zona è caratterizzata da abetaie ed è attraversata dal sentiero 38/173. Ad est, poco distante, è la foce di Navola che si raggiunge con il sentiero 173. La Foce è formata da due selle vicine, quella principale è situata ad ovest. Dalla foce parte l’itinerario alpinistico per lo spigolo est del Sagro.
Madonna del Cavatore
Sul sentiero 39 (strada asfaltata) a pochi minuti da Vinca, in uno spiazzo laterale, c’è una maestà (767m) con immagine marmorea della Madonna col bambino del 1569 (Antonio di Domenico priore de la conpagnia del Corpus Domini da Vinca A.D. MDLXVIIII / voi che passate per via fate reverencia ala Madona dite umilemente Ave Maria) ed all’esterno la statua della Madonna del Cavatore del 1963 (cavatori Vinca AD 1963) sistemata sulla roccia con sullo sfondo il Pizzo. Inoltre c’è anche una fonte. Il tutto è chiamato Maestà dei cavatori.
Maestà di Doglio
Situata a circa 900m, sul sentiero 175 proveniente da Vinca. È detta di Doglio poiché vicina al canale omonimo che scende dalla cresta del Pizzo d’Uccello. In essa è un’immagine marmorea della Madonna Ausiliatrice (Madonna col bambino) datata 1890. Qua abbiamo un bivio: il sentiero 175 sale in alto a sinistra per foce di Giovo, mentre il 38 entra a destra un po’ più in basso ed è uno stradello piuttosto ampio (è detto anche strada dei tedeschi).
Rifugio CLES
È situato nella ex scuola elementare del paese ed è aperto su prenotazione. La denominazione completa è centro residenziale di educazione ambientale Vinca. È gestito da legambiente ed organizza soggiorni e visite didattiche per le scuole, laboratori e seminari di educazione ambientale.
Via dei Tedeschi
Dalla strada asfaltata diretta a Pianza e mai finita si stacca una strada forestale che, con alcuni tornanti, arriva alla Maestà di Doglio e diventa il sentiero 38. Questa è chiamata strada dei Tedeschi e fu costruita nel 1944, dall’organizzazione militare tedesca Todt, con l’intenzione di collegare, per motivi militari, Monzone con Forno. L’opera non fu conclusa e per buona parte rimase un sentiero.
Valle di Vinca
La Valle di Vinca è percorsa dal torrente Lucido di Vinca, tributario del torrente omonimo. La confluenza dei due rami è presso il fondovalle a Ponte di Monzone. La valle è piuttosto stretta nella sua parte inferiore mentre si allarga salendo verso il paese di Vinca. Superato il paese la valle si distende in una testata boscosa circondata dal Pizzo d’Uccello, dalla Cresta Garnerone e dal Grondilice ad est e dal Sagro e dal Puntone della Piastra ad Ovest. La valle è chiusa dalle foci di Vinca, di Navola e dal Monte Rasori che la separano da Colonnata e Forno. Il torrente Lucido di Vinca ha le sue sorgenti presso la testata della valle. Proprio l’alta valle mantiene testimonianza delle attività dell’uomo, sia a Vinca che più in alto, come alle Capanne di Giovo, c’è da dire che nel dopoguerra la zona si è notevolmente spopolata. L’ingresso della valle è dominato dal borgo di Monzone Alto appollaiato su una rupe a controllare il transito dalla Lunigiana verso Carrara e Massa, lo stretto fondovalle è percorso da una carrozzabile che fiancheggia il torrente. Nella parte iniziale si trovano fonti di acqua (l’acqua bianca e l’acqua nera) note sin dall’antichità per le loro proprietà benefiche. Si incontra poi una costruzione di servizio della teleferica che oggi è ancora abitata. Dopo circa 4 km sbocca da destra la Canalonga, un vallone secondario tra le pareti del Balzone e quelle della Torre di Monzone. Sono ancora visibili i resti della stazione di partenza delle teleferica del Balzone che proveniva dalle cave del Sagro e, poco oltre, un ponte di putrelle segna l’inizio della via di lizza diretta ancora al Balzone. Subito dopo la strada si inerpica sul fianco destro della vallata con 12 ripidi tornanti che portano a Vinca. Qua la strada termina, ma ne inizia un’altra che avrebbe dovuto portare, a fini turistici, verso Carrara, dove si arriva solo percorrendo alcuni sentieri. La vallata è percorsa, a mezza costa dal sentiero 39 da Àiola per Foce di Pianza. Invece nella parte alta del versante ovest passano i sentieri 40 e 40b (rinominato 194) da Monzone per il Cardeto.
BIBLIOGRAFIA
Carlo CASELLI (Il Viandante), Lunigiana ignota, Tipografia Moderna, La Spezia, 1933. Ristampa anastatica a cura di: Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1980. Questo testo porta
storie e leggende della provincia della Spezia e di Massa-Carrara, alcune delle quali riguardano la zona apuana.
Celso BATTAGLIA, Vinca. La sua storia e il suo martirio, Felici Editore, S.Giuliano Terme (PI), 2006. Questo libro è scritto da un vinchese che ha vissuto da giovanissimo la strage, ha fatto il cavatore e poi è emigrato in Francia e sono un tributo all’amatissimo borgo natale. I suoi ricordi sono privi di retorica, descrivono bene la dura fatica della vita in montagna e sono colmi del grande amore per la libertà e la giustizia dell’autore.
Emanuele REPETTI, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, tipografie Tofani e Mazzoni, Firenze, 1833-1845. Ristampa anastatica a cura della Federazione delle Casse di Risparmio della Toscana, Grafiche Fratelli Stianti, Firenze 1972. Testo ancora molto importante per la storia e la geografia delle città e dei borghi della Toscana, consultabile e scaricabile dal web essendo stato digitalizzato.
Giorgio SPINI, Anno XVI dell’era fascista. 1,9 ‰, Claudiana, Torino, 2004. È un romanzo giovanile dello storico fiorentino (1916-2006) pubblicato una prima volta nel 1938. Esso è ambientato, in parte, tra Gragnana e Vinca con descrizione della dura vita dei lavoratori del marmo mescolando fatti veri con fantasia. Proprio a Vinca il protagonista è pastore di una comunità di valdesi destinata ad essere spazzata via dalla strage del 1944.
Si rimanda anche ad altri articoli di questa rubrica:
ITINERARI RELATIVI A VINCA:
note
1 Celso BATTAGLIA, Vinca. La sua storia e il suo martirio, Felici Editore, S.Giuliano Terme (PI), 2006.
2 Emanuele REPETTI, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, tipografie Tofani e Mazzoni, Firenze, 1833-1845. ristampa anastatica a cura della Federazione delle Casse di Risparmio della Toscana, Grafiche Fratelli Stianti, Firenze 1972. Pag. 781-782 volume V.
3 Carlo CASELLI (Il Viandante), Lunigiana ignota, Tipografia Moderna, La Spezia, 1933. Ristampa anastatica a cura di: Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1980. Questo testo riporta storie e leggende delle province della Spezia e di Massa-Carrara, alcune delle quali riguardano la zona apuana. Il capitolo XXVII, da pag 130 a pag 140, tratta di Vinca e da esso è tratto i brano in corsivo.
4 Il bacino marmifero del Sagro, in territorio fivizzanese, appartiene ai ”Beni Sociali di Vinca”. Questo è un residuo di diritto medioevale: 66 famiglie di Vinca acquisirono la proprietà di 1047 ettari tra cui l’intero bacino marmifero. E questo è ancora causa di contenzioso tra gli industriali del marmo e questa comunione sociale.
5 Carlo CASTELLI, opera citata, pag 130.
6 Tratto da: Opere di Niccolò Machiavelli, cittadino e segretario fiorentino, Tomo VIII, Stamperia del cittadino Domenico Porcile, Genove, 1798. Pag 73-74. Testo disponibile anche nel web.
7 Fino al 1749 nello stato fiorentino il calendario seguiva il cosiddetto stile dell’Incarnazione o fiorentino: l’anno iniziava il 25 marzo festa dell’Annunciazione di Maria Vergine e quindi dell’incarnazione di Cristo. Ne consegue che dal 1 gennaio al 24 marzo la data nei documenti deve essere aumentata di un anno.
8 Possiamo consultare a proposito i testi seguenti: Paolo DE SIMONIS, Passi nella memoria. Guida ai luoghi delle stragi nazifasciste in Toscana, Carocci Editore, Firenze, 2004. Emidio MOSTI, La Resistenza Apuana, Longanesi, Milano, 1973. Celso BATTAGLIA, Vinca. La sua storia e il suo martirio, Felici Editore, S.Giuliano Terme (PI), 2006.
9 Le vittime furono: 90 donne (15 bambine, 51 adulte, 24 anziane) e 84 uomini (18 bambini, 38 adulti, 28 anziani).
10 Il criminale austriaco, condannato all’ergastolo, fu graziato nel 1985 dopo una richiesta di perdono alle sue vittime. Tornato al suo paese fu accolto con onori militari dal ministro della difesa e fu solerte nel ritrattare le sue scuse all’Italia.
11 Non possiamo dimenticare che nel 2008 è stata depositata una proposta di legge (n° 1360) per equiparare i combattenti della Repubblica Sociale con i partigiani ed i soldati rimasti fedeli alla patria, creando l’Ordine del Tricolore che prevede una medaglia ed un vitalizio.
12 Il Prugnolo (Tricholoma Georgii) è fungo molto pregiato che nasce da aprile a giugno nascosto nell’erba verde.